Maria di Nazareth (5)

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L’evangelista Luca costruisce il racconto del dialogo tra l’angelo Gabriele e Maria secondo uno schema tradizionale nella cultura biblica ebraica, quello della vocazione. Vi è un annuncio, una chiamata, delle domande di chiarimento, un segno di conferma e l’accettazione della missione. Gli esegeti concordano in massima parte riguardo questa modalità di scrittura. Ma all’interno di tale modello vi sono sfumature e indicazioni differenti. Una domanda interessante anche per il nostro itinerario di approfondimento della figura mariana nella catechesi, nel cammino spirituale individuale e comunitario, sta nel cercare di capire il perché a Maria la chiamata sia stata comunicata (aggelos, in greco messaggero) da Gabriele e non da un angelo generico o da altre figure conosciute nella tradizione ebraica come Michele. L’angelo Gabriele incarna la dimensione della forza di Dio, il suo nome, composto da El (abbreviazione di Elohim, Dio) e Gabr (la cui radice verbale significa essere forte), dice appunto che Dio è forte. Maria, dunque, fa esperienza della forza di Dio. Cosa può voler dire questa esperienza? Maria è una ragazza credente. La sua visione del mondo e della vita che scorre in lei e attorno a lei si concretizza attraverso la sua dimensione religiosa, il suo appartenere ad una tradizione, con le forme e i limiti di questo dato storico. Gabriele, la forza di Dio, entra per portarle un annuncio. Il testo non dice esplicitamente dove entra, certo per fedeltà alla narrazione immaginiamo la casa, la stanza, ma per estensione possiamo dire in lei, nel suo cuore, nella sua mente, nelle sue forze. La sua fede a Jhwh viene invasa dalla forza di Dio, che – come visto nel precedente articolo – la riconosce come kekaritomene, colma della grazia. La forza di Dio spinge la grazia a colmarci, a riempire le nostre parti, a sostenere la nostra psiche, il nostro carattere, ad alimentare l’anima dei doni della vita: sapienza, fortezza, giustizia, l’arte del discernimento e via dicendo. Ecco la forza di Dio, essa non modifica la realtà intorno a noi con atti straordinari ma colma noi stessi di forza e, come già scritto, nel caso di Maria tale pienezza è così feconda da generare la vita. Il saluto dell’angelo, narrato dall’evangelista Luca, ricorda la forza e la presenza: il Signore è con te! Quante volte lo ripetiamo nella preghiera dell’Ave Maria. Eppure questa espressione non è né banale né scontata. Tale esplicitazione la troviamo nella tradizione dei testi sacri soprattutto nelle figure di Mosè e poi del suo successore Giosuè. Viene detto in riferimento al loro compito di liberazione del popolo, ovvero quando essi sono scelti per realizzare la storia della salvezza, quando – è la grande narrazione dell’Esodo – il popolo soffre e Dio, con la sua forza, attraverso Mosè, lo libera e lo conduce ad una terra dove nuove leggi e una nuova giustizia dovranno essere l’orizzonte di significato esistenziale. La presenza del “Signore con te”, la ritroviamo anche nello schema di vocazione di Gedeone (Giudici, 6), l’angelo appare a Gedeone e gli dice: “Il Signore è con te!” Gedeone chiede spiegazioni, l’angelo pone dei segni e di fronte ai dubbi di Gedeone lo sostiene dicendo: “Va’ con questa forza e salva Israele dalla mano di Madian, non ti mando forse io?” Il brano dell’Annunciazione è dunque la vocazione di Maria, anche a lei viene detto: “Va’ con questa forza e salva il tuo popolo!”

Marco Gaetano