Le immagini dello Spirito (parte III)

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Il notissimo testo della Pentecoste cristiana che troviamo nel libro degli Atti, descrive l’azione dello Spirito come rombo, come vento «che si abbatte gagliardo» e come fuoco. L’immagine del fuoco è utilizzata nei racconti biblici in diversi contesti e con accezioni differenti. Alcuni tratti comuni però ci permettono di raggruppare tali rappresentazioni, senza pretesa di completezza, in filoni interpretativi.

Il fuoco, ad esempio, è usato da Dio per castigare ed è immagine della Geenna. La Geenna, nel periodo biblico, era una valle ai piedi di Gerusalemme anticamente usata per i culti al dio Moloch e per i sacrifici dei bambini alla divinità. Questo avveniva bruciandoli. Con Giosia, tale culto viene abrogato e la valle utilizzata come discarica della città dove bruciava continuamente una specie di inceneritore ante litteram. Per questo anche Gesù utilizza l’immagine dell’essere gettati nella Geenna o del bruciare, indicando con ciò la pena da subire se ci si allontana da Dio: «chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano» (Gv 15,6). Se l’immagine citata dal Vangelo secondo Giovanni non appare particolarmente dura, quelle che ritroviamo in Matteo e in brani paralleli sono più esplicite come ad esempio quando Gesù ammonisce che chi dice «pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna» (Mt 5,22), o ancora: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna» (Mt 5,29), e durante una tipica disputa tra Gesù e i dottori della Legge del tempo ecco parole come: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi» (Mt 23,15). Mentre nell’Antico Testamento l’episodio di giudizio più facile da ricordare, sempre a titolo esemplificativo, è quello di Sodoma, dove a fronte della perversione della popolazione, l’azione di giudizio di Dio si realizza facendo «piovere dal cielo sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore» (Gn 19,24). Possiamo quindi affermare che una delle immagini chiare del fuoco è legata al tema del giudizio e della condanna. Il linguaggio che maggiormente usa questa rappresentazione simbolica di giudizio e di condanna, ma anche della purificazione, è quello apocalittico e una figura di raccordo con tratti profetici e linguaggio apocalittico è stato Giovanni, il Battezzatore. Nel testo del Vangelo secondo Matteo (cap. 3) troviamo questa raffigurazione: «Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco.  Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile».

In questo proclama, una vera e propria invettiva, Giovanni ritorna alle immagini del fuoco bruciante e lega la venuta di Gesù alla sua potenza di battezzare in Spirito e fuoco, bruciando la pula  in un fuoco inestinguibile. E’ un linguaggio ostico. Solitamente lo annacquiamo e di lui ricordiamo solo la promessa del nuovo battesimo di Gesù nello Spirito rappresentato dal fuoco. Tuttavia non possiamo cancellare la tradizione biblica del fuoco come forza che brucia, purifica, elimina, distrugge. Ne conosciamo terribilmente la potenza durante un incendio e la sua pericolosità. Contemporaneamente il fuoco risveglia in noi sensazioni positive. E’ protezione dal buio, è stato una delle conquiste più importanti per la specie umana, dona luce e calore. JHWH guida il suo popolo nell’esodo attraverso una colonna di fuoco e sempre durante l’epica marcia verso la Terra Promessa, Egli si manifesta sul Sinai attraverso tale elemento; ancor prima Mosè ne fa esperienza nel roveto ardente. Lì c’è tutta la potenza divorante del fuoco che prima abbiamo ricordato. Ma il roveto non si consuma. Il fuoco di Dio brucia ma non consuma, non distrugge. Ecco allora emergere l’idea di un fuoco che, anche in modo vigoroso, purifica e trasforma, riscalda e piega, sana, scalda. Pensiamo al passaggio di stato “fisico” degli elementi, da solido a liquido e a gassoso. Il potere del calore. Terminiamo questa breve presentazione dell’immagine del fuoco legata allo Spirito con una speranza che alberga Gesù e che così rende pubblica: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso» (Lc 12,49). La sua passione e la sua croce con il dono dello Spirito è il battesimo conclusivo che egli vive e che offre a tutti. Il fuoco dello Spirito è quel calore che scalda il cuore, è quella potenza che ci purifica che ci rende accesi dallo Spirito. Diciamo comunemente, rispetto a certe situazioni non positive, che ci siamo rimasti scottati. Vorremmo esserlo dallo Spirito, rimanere scottati dallo Spirito attraverso un fuoco che brucia ma non consuma, e come il roveto essere ardenti di Dio.

Marco Gaetano