L’episodio narrato nel quarto capitolo del Vangelo secondo Giovanni è certamente tra i più conosciuti e amati, perché stimola la mente all’immaginazione. La donna di Samaria e Gesù. I discepoli, il pozzo e il dialogo ricco di significati che emergono. Uno dei passaggi chiave è la dichiarazione di Gesù di essere fonte di acqua viva e ancora di più, questa fonte viene comunicata a chi la riceve in modo da trasformare la persona in una nuova sorgente che zampilla per la vita eterna.
Il tema dell’acqua accompagna le pagine della Bibbia e questo elemento naturale è una seconda immagine dello Spirito di Dio. Gesù durante la sua vita è stato fonte di acqua salutare per coloro che ha incontrato, che ha visto, che lo hanno seguito. Un’acqua sanificante, buona, necessaria, anelata. Una volta terminata la sua vita storico-biologica ha donato a noi un’altra fonte di acqua viva, lo Spirito. Il profeta Geremia, all’inizio del suo libro, canta un lamento che è parola di Dio al suo popolo. JHWH è contrito per essere stato abbandonato dopo tutto quello che Egli aveva fatto per Israele, per le cure che aveva prestato, per l’amore offerto. Così al versetto tredici del capitolo due il profeta esclama: Perché il mio popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l’acqua. Evidente come l’immagine dell’acqua viva che disseta appartenga a Dio stesso. Egli è la fonte. Parimenti il Figlio è acqua viva, lui porta concretamente nell’oggi questo dono. Un luogo dove poter bere e dissetarsi. Durante l’ultimo giorno della Festa delle Capanne, sempre secondo il Vangelo giovanneo al capitolo settimo, Gesù ricorda che la Scrittura offriva l’immagine dell’acqua viva, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno, e che accogliere il Figlio apriva a questa prospettiva. Ed in questo passaggio il narratore così chiarisce il pronunciamento del Nazareno: Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Accogliere lo Spirito allora ha un duplice effetto. Da una parte ci offre la fonte della salvezza, dall’altra ci trasforma in sorgenti di acqua viva. Come propone Gesù alla Samaritana.
L’immagine dell’acqua è di forte impatto. Tutti noi facciamo e abbiamo fatto esperienza della sete, della fatica, del desiderio di abbeverarci, che sia la fontanella di una piazza romana, o lo sgorgare di ruscelli in alta quota. Quando qualcuno ci offre da bere dell’acqua, magari fresca, corrente, sentiamo che nulla più di essa ci disseta. Pregare lo Spirito in noi è fare unità nel nostro cuore per ricevere da bere acqua buona. Ne abbiamo spesso e terribilmente bisogno. Quando viviamo sensazioni di disorientamento, di ansia, di angoscia, spesso il palato si secca, non riusciamo a deglutire, le parole non escono più, proviamo disagio. Dissetarci allora è ciò che ci cura, semplicemente. Lo Spirito è acqua che disseta e che è sgorgata dal seno di Gesù.
Un ultimo aspetto riguardo a questa immagine così semplice, umile e fortissima, di immediato rimando esistenziale. Noi diventeremo fonte per gli altri. Ma va ben ricordato e tenuto a mente che non siamo noi da soli ad essere fonte di acqua salutare per gli altri, noi siamo la roccia dalla quale lo Spirito fa sgorgare la fonte della vita. Noi siamo strumento non la fonte. Come un recipiente alpino, lungo il cammino tra prati e alpeggi. L’acqua lo riempie, e quando è colmo, riversa l’acqua contenuta più a valle. Altri la ricevono da lui ma solo se lui la ha accolta e se ne è fatto colmare.
Marco Gaetano