Esigenza di tutti noi quella di costruirsi rappresentazioni ed immagini anche di ciò che non riusciamo a cogliere con i nostri sensi. Così sebbene il Padre nessuno lo abbia mai visto, come ricorda il Prologo al Vangelo secondo Giovanni, nel corso dei secoli all’interno della nostra tradizione iconografica viene a porsi la figura di un uomo grande, barbuto e maestoso. Tuttavia la tradizione teologica, spirituale ed ecclesiale ritorna sempre ai passi evangelici che testimoniano che l’unico volto del Padre lo possiamo cogliere in quello del Figlio incarnato e nelle sue parole e opere: Egli è immagine del Dio invisibile, scrive Paolo nella lettera ai Colossesi. Ma della terza Persona della Trinità abbiamo operato ancora di più alcune semplificazioni. Spesso lo rappresentiamo come una colomba, per via dei testi che riguardano il battesimo nell’acqua del Giordano che Gesù riceve da Giovanni. Ma rispetto alle rappresentazioni dello Spirito mi sembra di cogliere poca dimestichezza da parte nostra e delle nostre comunità. Il tema necessiterebbe di un approfondimento trinitario, impossibile in questo breve spazio, tuttavia possiamo ricordare l’immagine proposta da sant’Agostino che, più di altre, rende esperienziale e rappresentabile la dinamica Trinitaria: l’Amante, l’Amato, l’Amore. Ecco, dunque, lo Spirito come l’Amore del Padre-Figlio che è continuamente, circolarmente, a loro legati. Se torniamo ai testi biblici possiamo notare che, in essi e da essi, emergono alcune rappresentazioni dello Spirito di Dio le quali possono aiutarci nella meditazione, nella preghiera e nell’invocazione di questo Consolatore che permette a noi di essere beati, come rammenta Gesù a Tommaso al termine del Quarto Vangelo: beati quelli che pur non avendo visto crederanno! La prima immagine, e forse la più frequente, come abbiamo in parte introdotto nel precedente articolo, riguarda la ruach: il soffio, il vento. Esso è la prima immagine che ci può aiutare nella relazione con lo Spirito. Il ricordo va immediatamente al dialogo notturno tra Nicodemo e Gesù: Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va. Non possiamo dipingere il vento. Lo vediamo negli alberi che agitano le fronde, nelle bandiere che sventolano, lo sentiamo nel cigolare di una persiana che si dondola, lo osserviamo nel gonfiare le vele, nell’increspare le onde, nel sollevare la sabbia. Lo udiamo nell’eco tra le valli o lo percepiamo, delicato, gelido o soffocante sulla pelle. Di lui, del vento, cogliamo il continuo roteare. Ecco il libeccio, il maestrale, lo scirocco o la tramontana. Se restiamo su queste immagini e su queste esperienze sensoriali, il vento ci regala emozioni di leggiadria, come la brezza del mattino, o di spavento, per la burrasca. L’incipit del sapienziale libro del Qoelet ricorda: Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana; gira e rigira e sopra i suoi giri il vento ritorna. Il vento è per noi esperienza di libertà, di forza, di imprevedibilità, di vita, di respiro, di timore. Questa è una prima immagine biblica e quotidiana con la quale possiamo convivere per crescere la nostra relazione spirituale ed interiore con l’Amore trinitario. Il vento soffia dove vuole, non sai dove viene e dove va, ci avvolge, ci riempie i polmoni, ci dona libertà: così è di chiunque è nato dallo Spirito! Conclude la frase al fariseo Nicodemo Gesù. Questo è il soffio di Dio che ci sostiene nel cammino di tutti i giorni e ci offre la libertà di Dio nel nostro cuore.
Marco Gaetano