Il ministero del padrino in un’ottica di conversione missionaria delle nostre parrocchie
Da circa un anno è emersa nella nostra diocesi la domanda relativa alla situazione del servizio del padrino e della madrina che presenta alcuni elementi da valutare. Per rispondere a questa questione si è ascoltato per due volte il Consiglio Presbiterale (28/04/22 e27/19/22) e il Consiglio Pastorale diocesano (29/10/22).
Si è arrivati a formulare questa proposta:
1. A coloro che sono chiamati a svolgere questo servizio è chiesto di far parte della comunità cristiana. Ciò comporta l’esistenza di un cammino di fede condiviso con altri fratelli nella propria parrocchia. Tale cammino deve comprendere, anche in modo graduale, l’eucarestia domenicale e un momento di riscoperta o approfondimento della fede, di nutrimento spirituale, di condivisione con i fratelli e di servizio nella carità: ogni comunità e ogni pastore potrà offrire ai padrini un’occasione per realizzare questo cammino secondo le possibilità della parrocchia, quello che già esiste e ciò che potrà essere suggerito dalla creatività pastorale. Tra i tanti possibili cammini da proporre si suggerisce ad ogni comunità cristiana di avviare momenti di ascolto e condivisione della Parola di Dio aperti a tutti gli adulti della Parrocchia. Questi momenti potranno essere la fase comunitaria che manca a tanti “corsi” in preparazione ai sacramenti o ai ministeri. Attorno alla Parola, secondo lo stile del cammino sinodale, si potranno radunare adulti con diverse sensibilità e vocazioni, provenienti da diversi gruppi o esperienze ma tutti parte dell’unica comunità parrocchiale. Le modalità per questo tipo di incontro saranno suggerite attraverso appositi strumenti forniti dall’Ufficio Catechistico Diocesano.
2. Tutti coloro che non possono o non vogliono partecipare a nessuno di questi momenti di crescita spirituale e comunitaria si affianchino “solo come testimoni del rito sacramentale – quelle persone indicate dalla famiglia che, pur non avendo i requisiti prescritti, esprimono pur sempre una positiva vicinanza parentale, affettiva ed educativa” (Incontriamo Gesù, n.70) . Sul registro di battesimi e cresime si indichi come “testimone” la persona scelta.
3. La stessa situazione di impossibilità a svolgere il ministero del padrino ricade su chi si trova in situazioni non compatibili con un’effettiva testimonianza cristiana. Anche in questo caso si opti per proporre la figura del testimone ed eventualmente per cogliere l’occasione per proporre un cammino di evangelizzazione.
4. Nel caso della scelta dei testimoni la comunità si senta sempre chiamata a trovare vie idonee per far maturare il servizio di padrino nei modi e nei tempi che potrà valutare con sapienza e creatività pastorale nella parrocchia e nel vicariato. In nessun caso, comunque, anche se vi fossero padrini idonei e capaci, la comunità cristiana dovrà sentirsi estranea alla presentazione e alla preparazione dei candidati e alla celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.
Padrini e madrine, accompagnatori nella fede. La scelta missionaria della nostra diocesi
La nuova evangelizzazione è diventata per la Chiesa non soltanto una priorità ma la chiave di lettura di ogni sua attività e struttura. Nulla può più essere portato avanti per puro atteggiamento di autopreservazione, perché affezionati a qualcosa che difficilmente vogliamo perdere. Anche a proposito della figura dei padrini e delle madrine le diocesi stanno prendendo decisioni in merito ad una situazione che deve essere rivalutata. Così come sono, inutile nasconderselo, queste figure hanno perso molto del loro senso. Anche la nostra Chiesa di Genova, procedendo sinodalmente con un confronto tra laici e preti, è arrivata ad una proposta ad experimentum. Si tratta di dare al padrino una nuova chance, un po’ ardita forse ma ricca di speranza. Non si possono concentrare tutte le attenzioni solo sulle “condizioni minime” per poter svolgere questo servizio: la logica del minimo necessario perché le cose siano a posto, valide e secondo le norme, non può più bastare. È necessario andare oltre. Non si tratta di cancellare un sistema che c’è ma di andare oltre, gettare lo sguardo da un’altra parte. Dalle sole condizioni previe per accedere al servizio si è pensato di puntare anche sull’equipaggiamento necessario per svolgere il servizio stesso. Apparentemente potrebbe apparire una richiesta ancora più stringente ma in realtà si tratta di credere fino in fondo che sia possibile annunciare il vangelo a tutti e che il Signore possa lavorare in questo seme gettato.
Ai padrini viene chiesto di essere persone in cammino, di svolgere il loro servizio proprio riprendendo il loro essere discepoli. Papa Francesco in Evangelii Gaudium ricordava che nessuno può essere missionario se non continua ad essere anche discepolo. Dunque, a chi si presenta per il servizio di padrino, oltre ad alcune condizioni (essere cristiano), si chiede di intraprendere, cominciare o continuare, un cammino, organizzato insieme al parroco della propria parrocchia di appartenenza. Si potrà trattare di partecipare ad un piccolo gruppo di condivisione della Parola di Dio oppure a qualche altro incontro già esistente o da inventare per i parrocchiani. Potrà anche trattarsi della proposta di un cammino personalizzato, fatto di partecipazione alla Messa, lettura di un libro biblico, confronto con qualche adulto della parrocchia o partecipazione ad un servizio di carità.
Nel caso che la persona interessata a svolgere il ministero di padrino non sia disponibile ad intraprendere un cammino, seppur graduale e secondo le sue possibilità, o se non risponda alle condizioni minime per tale servizio la famiglia dovrà incaricare un’altra persona. Nel caso questa persona abbia un particolare legame con il bambino del battesimo o il ragazzo da cresimare, per venire incontro ai familiari e rendere la celebrazione del sacramento non un’occasione per dividersi ma piuttosto per essere abbracciati dalla comunità cristiana, dalla quale forse ci si era un po’ distaccati, si offre una nuova proposta. Essa è stata indicata dalla Conferenza Episcopale Italiana nel documento Incontriamo Gesù dove si indica “l’opportunità pastorale di affiancare – solo come testimoni del rito sacramentale – quelle persone indicate dalla famiglia che, pur non avendo i requisiti prescritti, esprimono pur sempre una positiva vicinanza parentale, affettiva ed educativa” (n.70) . Quando la figura del padrino si riduce al solo momento celebrativo, escludendo la possibilità di un accompagnamento nella fede del bambino battezzato o cresimato allora compare questa figura, simile a quella che incontriamo nel rito del matrimonio. Nelle nozze i testimoni hanno un loro senso e una loro importanza. Non si chiede loro di svolgere un servizio legato alla fede ma solo di esprimere una vicinanza durante il matrimonio. Non hanno solo rilevanza giuridica ma rimangono persone che hanno partecipato in modo speciale ad un’importante tappa della vita. Non si tratta dunque solo di nomi diversi ma di diversa prospettiva. Il padrino lo può svolgere chi sinceramente se la sente di aiutare un’altra persona a crescere nella fede cercando di cominciare dalla propria; il testimone sarà invece un amico o parente caro alla famiglia che vuole farsi vicino in quel momento così importante.
Nell’uno e nell’altro caso la comunità cristiana non potrà rinunciare al suo ruolo materno. La Chiesa esiste per evangelizzare e fare figli. Il suo obiettivo non è restare in piedi ma annunciare Gesù ad ogni persona. Con i sacramenti dell’iniziazione cristiana essa non si ritira nel suo compito ma affianca la famiglia, i padrini e i testimoni facendo sentire loro che i sacramenti non sono mai fatti privati. Si diventa cristiani entrando a far parte di una comunità situata in un determinato luogo. Questo carisma della Chiesa ogni comunità parrocchiale è chiamata a renderlo visibile con attenzioni particolari e molto concrete .