La storia della Chiesa ci ha consegnato un mondo in cui l’evangelizzazione aveva raggiunto ogni angolo della nostra terra, ogni paese e campagna, ogni isola e mare. A questo punto le comunità, il popolo, era cristiano. Tutti sono entrati in uno schema, in un modello, per cui chiunque fosse nato in Italia, se voleva rimanere dentro un certo rapporto con il resto della società sarebbe diventato cristiano: battesimo, dottrina, sacramenti, Messa domenicale. In casa, ogni giorno attraverso le preghiere e le scelte di vita si riceveva un certo orientamento: la fede era seminata e coltivata da genitori, nonni, vicini e dalla società civile stessa. In questo modello le parrocchie si sono attrezzate per nutrire intellettualmente i piccoli, per fornire loro, in parallelo e in collaborazione con la scuola, le nozioni elementari sulla fede. Una volta cresciuti, vivendo in un mondo che già indirizzava tutti nella morale cristiana non c’era bisogno di altri approfondimenti. Si pregava, si andava a messa, ci si comportava di conseguenza.
La necessità di qualcosa di più si compensò con iniziative sporadiche, spesso dovute agli ordini mendicanti: le missioni popolari, le prediche ai vespri domenicali, letture di vita di santi, meditazioni spirituali.
Lentamente ci si è resi conto che anche i laici, per poter partecipare alla vita della Chiesa avevano necessità di una loro formazione che non poteva ridursi solo alla scuola di dottrina cristiana per fanciulli che i buoni parroci, con l’aiuto di qualche zelante signora, svolgeva nei locali della canonica. Nacque l’idea di una formazione che potesse continuare, di una educazione cattolica che, ormai, non poteva essere fornita solo dalle famiglie. Alcune associazioni affiancarono la classica dottrina con una formazione che, partendo dalla tenera età fornisse una progressiva formazione cristiana.
Tuttavia le cose cambiarono in modo sempre più rilevante fino ad arrivare al Concilio che certamente inaugurò la pista per una nuova evangelizzazione: nacquero movimenti e realtà ecclesiali postconciliari che raccolsero lo spirito conciliare e inaugurarono una fase nuova. Essi hanno un denominatore comune che ancora non abbiamo completamente accolto. La formazione del passato prevedeva ed era tutta imperniata sull’idea di una evangelizzazione tutta ridotta all’educazione dei bambini perché potessero crescere come cristiani. Si parte con i piccoli, li si accompagna attraverso le varie tappe, da un gruppo all’altro, quasi da un serbatoio all’altro fino a poterli “versare” nella comunità adulti. Finchè la società era cristiana tutto questo funzionava. Ma oggi è sotto gli occhi di tutti che alla fine, dall’ultimo “serbatoio” di pastorale giovanile gettiamo nella comunità cristiana poche sparute gocce di adulti cresciuti cristianamente. Ma, nonostante questo cambiamento e questa dolorosa realtà assodata, le nostre parrocchie sono strutturate sempre allo stesso modo: fare i cristiani si, ma bambini. Invece, le realtà postconciliari hanno questo in comune: tutte hanno dato l’avvio al processo di una evangelizzazione degli adulti: essi sono gruppi di focolarini, comunione e liberazione, neocatecumenali, rinnovamento nello spirito che avvicinano adulti, li accolgono, annunciano loro il vangelo e li fanno entrare in una comunità formativa di ascolto della Parola, di preghiera, di carità. È questo il segreto della vitalità di queste realtà: non tanto i metodi ma i il tentativo di riportare il cristianesimo alle sue origini di comunità di adulti che evangelizzano altri adulti.
E le nostre parrocchie? Quando è che cominceranno a staccarsi da una formazione solo per bambini e ragazzi? Quando dedicheranno la maggioranza delle loro energie sugli adulti, coloro che sono la maggioranza della popolazione?
Il perno della nuova evangelizzazione sta proprio qui: non si tratta di dimenticare di educare alla fede le giovani generazioni ma di farlo sempre a partire dalla famiglia, a partire dall’ambiente di casa; inoltre la priorità, in questa nuova situazione, non sono più loro ma il mondo degli adulti. È a questo mondo che i ragazzi mirano, è lì che i piccoli possono respirare la fede. Inoltre è nel mondo adulto che nascono le grandi domande della fede e sul senso della vita.
Per questo motivo nel cammino sinodale, sia nazionale che locale, sta emergendo la necessità di una formazione. Da ogni parte si registra il desiderio di essere accompagnati, di poter crescere nella fede, di imparare a pregare. Questa rivoluzione della struttura delle nostre parrocchie non può più attendere. Il futuro della parrocchia sta proprio nel poter essere spazio per una condivisione e crescita nella fede: se questo non c’è le persone la lasciano per cercare altrove ciò che non trovano oppure per abbandonare il cammino intrapreso. Ogni realtà che oggi nella Chiesa fa frutti si rivolge agli adulti e annuncia a loro il vangelo. E per crescere come cristiani non si può che partire dall’ascolto della Parola di Dio: essa, lo sappiamo, non si esaurisce nelle Scritture ma parte da esse per essere meditata, interpretata e vissuta da tutti i testimoni della fede. Un ascolto che non sia solo e prima di tutto studio esegetico ma tuttavia ben contestualizzato, potendo veramente passare dal testo scritturistico alla Parola che Dio oggi ci rivolge. Un passaggio che richiede attenzione, accompagnamento, stile, serietà, equilibrio.
don Matteo Firpo