Vi è un libro, all’interno della Bibbia, che è una collezione di canti, preghiere, suppliche, lodi, ringraziamenti. Conosciuti da noi tramite la liturgia delle ore e brevemente con la citazione di alcuni versetti durante la celebrazione eucaristica, i Salmi sono centocinquanta testi differenti tra loro, raggruppabili per tipologia, che si susseguono all’interno del libro senza un andamento preciso e un fine unico, ma rappresentano uno spaccato della storia del popolo di Israele nel suo rapporto con JHWH, offrendosi liberamente alla lettura, meditazione e preghiera. Il linguaggio dei Salmi non è sempre di immediata comprensione, si pensi ad esempio ai canti di guerra, così distanti dalla nostra sensibilità, con le loro immagini crude e violente. Legati al vissuto del popolo di Israele e alle sue lotte per sopravvivere o conquistare, non impediscono di cogliere la passione che il salmista, spesso in nome collettivo, ha nei confronti di Dio. In sostanza nei Salmi è espressa la relazione tra l’uomo e Dio, dove il primo sente e vive l’impossibilità di una esistenza senza Dio: lo invoca, lo cerca, lo chiama, lo implora, lo ringrazia. Non vi è un attimo della sua vita che non può essere posto fuori dal legame con JHWH.
Spesso tale relazione viene incrinata non tanto da situazioni di sventura, quanto dal nemico, il male, che tenta di rompere il legame e di portare l’uomo per via di ingiustizia. Il tema sociale è molto presente e non vi può essere uno stato di religiosità buono senza una dimensione di giustizia concreta e vissuta.
La lettura dei Salmi, accompagnata da un buon commentario, permette di ritrovare sentimenti quotidiani che anche noi viviamo, che ogni persona umana vive. Ira, rabbia, frustrazione, invidia, così come gioia, senso di liberazione, felicità, pace, calma. Ogni giorno possiamo dunque trovare nei Salmi una parola che ci accompagna, che ci sprona, che ci aiuta. Essi sono una preziosa galleria di dipinti da fare nostri, con attenzione, dai quali poter assorbire cammini che rinsaldano la fede, che irrorano di acqua pura la terra riarsa.
Potremmo ricordare, come chiosa finale, che i Vangeli nel momento drammatico della croce, riportano le ultime parole di Gesù utilizzando il Salmo ventidue, con la famosa frase: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato. Un salmo intenso che fa susseguire per ventidue versetti una sequenza di fatiche, dolori, angosce e un continuo grido richiedente la vicinanza di Dio. La morte di Gesù resta lì in tutta la sua realtà. Il Salmo, tuttavia, non rimane cupo o senza parole ma riporta in maniera un po’ inaspettata, una serie di versetti di ringraziamento perché Dio non ha abbandonato, non è stato distante, lui è un Dio vicino.
Marco Gaetano