I NUOVI ORIENTAMENTI: intervista a don Matteo Firpo

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1. Gli Orientamenti per rinnovare il cammino dell’;iniziazione
cristiana dei ragazzi con le loro famiglie; offrono, come
scrivi nella presentazione, qualche indicazione concreta per
il cammino di evangelizzazione e individuano alcune vie
nuove che le parrocchie possono provare a percorrere.
Come e perché sono nate le riflessioni che sono confluite in
questo testo? Quali obiettivi si pone?
Il testo nasce quando tre anni fa in diocesi si era costituito un
piccolo gruppo di riflessione voluto da don Calabrese . In
quell’occasione si cominciò a discutere su come avviare un vero e
proprio rinnovamento della catechesi nella nostra diocesi. A quel
proposito si arrivò a predisporre un pieghevole con una proposta
sintetizzata in pochi punti essenziali. Al Quadrivium,
successivamente, si presentò la proposta in un appuntamento
apposito (ancora oggi è disponibile il video sul nostro canale you
tube). In seguito si realizzarono anche confronti online con altre
diocesi italiane.
Quando entrai come coordinatore dell’ufficio cercai di continuare
su quella scia confrontandomi con quanto proposto in altre
diocesi e soprattutto a livello nazionale. Il contributo offerto dagli
incontri di formazione Cei continuano a confermarmi che stiamo
camminando sulla strada giusta. In tutto questo ripensamento
devo ringraziare alcuni preti e catechisti che ci hanno aiutato. Già
da tempo era richiesto che ogni diocesi presentasse un suo
progetto catechistico, un testo ispiratore e orientativo per tutta
la catechesi diocesana. Noi non avevamo ancora un testo simile.
Quindi si è pensato, già convinti di dover arricchire la sintetica
proposta iniziale di cogliere l’occasione per fare un passo avanti
nel progettare un cammino diocesano.

All’arricchimento del testo hanno contribuito diverse persone:
devo ringraziare catechisti e sacerdoti, in particolare don Filippo
Monteverde e tutta l’equipe dell’ufficio catechistico.
È stato comunque fondamentale il contributo di Fabrizio Carletti
con cui già tre anni fa avevamo fatto un percorso diocesano e che
ho ritrovato nell’equipe dell’ufficio catechistico della Cei. Tutta
questa rete di contatti e relazioni ha fatto sì che non si trattasse
di idee o indicazioni solo nostre ma di qualcosa di condiviso e con
un largo respiro.
Nell’anno pastorale passato abbiamo presentato gli Orientamenti
in un incontro diocesano a Quarto, aperto a catechisti e
sacerdoti. Inoltre ho avuto modo di parlarne alla Guardia con un
bel gruppo di preti. Da ultimo avevo lasciato ai membri del
Consiglio Presbiterale e ai Vicari i titoli dei capitoli degli
Orientamenti chiedendo a chi fosse interessato a saperne di più,
o a dare suggerimenti a contattarmi in privato.
Con L’arcivescovo si è pensato fosse importante continuare con
una condivisione con preti e laici, soprattutto negli organismi di
partecipazione. Per questo motivo gli orientamenti hanno come
titolo “un primo passo”. Il secondo passo sarà quello di lasciarsi
ispirare da essi, metterli in pratica, provarli, arricchirli o
correggerli. Avremo 5 anni per camminare su questa pista per poi
trovarci ad una riconsegna ufficiale in modo da assumerli come
vero progetto diocesano per Genova.

2. Nel testo si ribadisce la necessità di far uscire la catechesi e
l’iniziazione cristiana dalle aule per renderle più integrate
nella vita della comunità parrocchiale. Come fare?
il centro degli orientamenti è proprio la parola “comunità
cristiana”. Finchè le nostre parrocchie non escono dalla

prospettiva di essere centri in cui si erogano vari servizi e a cui i
fedeli individualmente possono accedere, scegliendo tra le varie
possibilità e orari, secondo i loro gusti e possibilità non potrà
partire nessun rinnovamento della catechesi. La trasmissione del
vangelo è direttamente proporzionale al livello di fraternità
cristiana presente in una parrocchia. Il problema non sta nei
metodi catechistici ma nella qualità di vita comunitaria di una
parrocchia. Finchè l’iniziazione è il catechismo offerto a
determinati orari da pochi esperti allora le famiglie difficilmente
riusciranno ad essere coinvolte e attratte nella via del vangelo.
Cambiare non solo è possibile ma addirittura urgente. Questo
sentire rispetto al ruolo della comunità va di pari passo con gli
orizzonti del cammino sinodale. Non è un caso che la Chiesa viva
questo periodo; abbiamo tante cose, molte strutture, molte
proposte interessanti in tutti i campi ma tuttavia una cosa sola ci
manca: vivere una reale e concreta fraternità cristiana. Questa è
il sale per rendere meno insipide le nostre proposte. È ciò su cui
dobbiamo lavorare tutti insieme. Il cammino sinodale, la lettera
pastorale dell’Arcivescovo e i nostri Orientamenti ci indicano di
abbattere i muri, le separazioni all’interno dei nostri schemi
pastorali. In una parrocchia i settori hanno poco senso e tante
cose ancora frenano il raggiungimento di questo grande
obiettivo: nella stessa comunità partecipare a diverse eucarestie,
separare i cammini delle famiglie e degli adulti da quelli dei
ragazzi, delegare le attività catechistiche ad un piccolo gruppo di
persone, vivere il consiglio pastorale come insieme di
rappresentanti di realtà diverse etc. Essere sulla stessa strada
comporta cambiamento di mentalità e soprattutto una visione
comune: se tutti vediamo la meta tutti, gradualmente, ci
incamminiamo verso essa. Ma tutti la vediamo? Tutti siamo
convinti di dover arrivare lì? Tutti siamo disposti a cambiare
alcune cose che abbiamo sempre fatto in certo modo?

3. La famiglia riveste un ruolo fondamentale nell’iniziazione
alla fede. Come poterle coinvolgere maggiormente
nell’esperienza di fede? Come stimolare il desiderio di
partecipare?
Le famiglie non vanno trattate solo da famiglie, da genitori dei
bambini del catechismo. Abbiamo un debito verso di loro come
comunità cristiana. A loro, come ad ogni essere umano, spetta
di ricevere l’annuncio di Gesù. Il Signore Gesù vuole salvare
anche loro e se li ha messi sulla strada della sua Chiesa è
perché essa proponga loro la via del vangelo. Invece le cose
non stanno sempre così. In molte realtà questi adulti passano
quasi tutte le settimane, per diversi anni, nelle nostre
parrocchie per affidarci i loro figli: quante volte gli abbiamo
proposto Gesù? Quante volte li abbiamo invitati ad un
cammino di evangelizzazione? Con quanti, come comunità,
abbiamo creato legami di amicizia? Quanti abbiamo veramente
inserito nella comunità cristiana?
Questo è il tema importante della catechesi e non tanto la
preparazione dei bambini ai sacramenti. Senza una famiglia
che vive la fede e la comunità cristiana a ben poco serviranno
le nostre lezioni di catechismo.
Il tema della famiglia però deve avere una precisazione
presente nei nostri Orientamenti: non basta far incontri sulla
genitorialità invitando esperti nelle materie più disparate.
L’obiettivo non è quello di avere i genitori tra noi, vicini a noi a
qualsiasi costo: la meta è che ognuno di loro incontri
veramente Gesù. E questo non perché sono genitori ma perché
sono adulti. Trattarli da adulti capaci di fede è in molti casi una
novità. Ma le nostre parrocchie sono attrezzate per presentare

un cammino di riscoperta della fede? Come lo faremmo? Con
lezioni frontali di teologia? Chiamando esperti?
Abbiamo qualche strumento per parlare di Gesù ai bambini ma
pochissime vie per farlo con gli adulti. I movimenti
postconciliari hanno come denominatore comune proprio
questo: non offrono percorsi per i bambini ma annunciano
Gesù agli adulti. Forse le nostre parrocchie dovrebbero seguire
questo esempio per potersi veramente inserire nella nuova
evangelizzazione; ne abbiamo parlato da tanti anni
dimenticando una cosa semplicissima: la nuova
evangelizzazione è passare da una chiesa che pensa solo ai
ragazzi e ai giovani con l’idea di “tirarli su” fin da piccoli ad una
comunità cristiana che prima di tutto, con le sue energie
migliori, si dedica ad annunciare il vangelo agli adulti. È una
conversione, è una inversione di rotta, è una rivoluzione
copernicana: al centro, tra le nostre priorità tutti gli adulti.
Certamente, se non riusciamo a parlare del vangelo a chi per
anni passa nei nostri locali per affidarci la cosa più preziosa che
ha, i figli, allora chi pensiamo di poter invitare alla vita di fede?
Se non sono proprio le famiglie che ancora ci portano i loro
bambini per la catechesi ad essere le primi da affiancare, da
accompagnare come fratelli, da ascoltare da chi pensiamo di
poter andare? Forse l’uomo della strada è più facile da
raggiungere di chi entra dentro le nostre chiese per molti anni?

4. Nelle ultime pagine degli Orientamenti si fa riferimento
all’ordine attuale dei sacramenti: non il centro del
rinnovamento, ma uno degli elementi possibili. Ci sono
alcune indicazioni che vuoi condividere?
Il tema dei sacramenti è importante e andrebbe
approfondito soprattutto a livello teologico. Basti pensare

che Papa Leone XIII scrisse una lettera di lamentela al
Vescovo di Marsiglia perché in quegli anni aveva avviato una
pratica poco tradizionale celebrando la Cresima dopo la
Prima Comunione. Già da questo esempio si capisce che
l’ordine attuale dei sacramenti non ha alcun reale significato
teologico ma è stato introdotto solo per fini pastorali e
anche in tempi recenti. Si tratta di una pratica iniziata qua e
là nel secolo scorso e poi diventata predominante dopo il
Concilio. L’ordine dei sacramenti è legato anche al senso che
essi hanno per noi. Mettendo la Cresima come culmine del
cammino di iniziazione essa è diventata la fine di tutto e, per
molti casi, anche l’uscita dalla Chiesa. In quella posizione le
si è attribuito il significato di confermare il battesimo come
se quest’ultimo fosse incompleto e avesse bisogno di una
ratifica. Quando invece l’Eucarestia è alla fine dell’itinerario
continua ad essere un sacramento “aperto” perché
ripetibile, non da ricevere una volta nella vita come
battesimo e cresima. Si accede non alla Prima Comunione
quasi fosse un sacramento a sé, da vivere una volta sola
nella vita, ma piuttosto all’Eucarestia, sacramento a cui si
potrà partecipare ogni domenica. Inoltre in questo ordine
nuovo ma allo stesso tempo antico la Confermazione
riprende il ruolo dello Spirito Santo che ci permette di
prendere parte all’offerta di Gesù e quindi una “vita
spirituale” nutrita e formata dall’eucarestia.
Questi pochi accenni dicono di alcuni elementi teologico-
spirituali che fanno propendere per un cambio di struttura
dell’ordine dei sacramenti. Tuttavia non è certo questo il
centro dei nostri orientamenti. Si può cambiare tutto senza
cambiare niente. È la prospettiva, la visione che deve
mutare. Senza questo rimarremo sempre gli stessi. Pur
cambiando testi, attività non c’è molta differenza tra la

catechesi vissuta oggi e quella di 100 anni fa: non si vuole
cambiare per cambiare ma piuttosto rendersi conto che la
realtà è diversa, il mondo è diverso. E il vangelo pur
rimanendo sempre lo stesso ha bisogno di essere trasmesso
con il linguaggio compreso dalla gente (il Papa direbbe: in
dialetto).