Nuovi Orientamenti. Don Firpo: «Famiglie e adulti siano protagonisti»

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

A margine dell’Assemblea diocesana dei catechisti dello scorso 14 settembre 2024 don Matteo Firpo, Coordinatore dell’Ufficio catechistico, ha rilasciato un’intervista al settimanale “Il Cittadino” per spiegare i contenuti principali di “Un primo passo”, che costituisce i nuovi orientamenti per il cammino di iniziazione cristiana.
La riportiamo integralmente di seguito.

Gli Orientamenti per rinnovare il cammino dell’;iniziazione cristiana dei ragazzi con le loro famiglie; offrono, come scrivi nella presentazione, qualche indicazione concreta per il cammino di evangelizzazione e individuano alcune vie nuove che le parrocchie possono provare a percorrere. Come e perché sono nate le riflessioni che sono confluite in questo testo? Quali obiettivi si pone?
Il testo nasce quando tre anni fa in diocesi si era costituito un piccolo gruppo di riflessione voluto da don Calabrese . In quell’occasione si cominciò a discutere su come avviare un vero e proprio rinnovamento della catechesi nella nostra diocesi. A quel proposito si arrivò a predisporre un pieghevole con una proposta sintetizzata in pochi punti essenziali. Al Quadrivium, successivamente, si presentò la proposta in un appuntamento apposito (ancora oggi è disponibile il video sul nostro canale you tube). In seguito si realizzarono anche confronti online con altre diocesi italiane. Quando entrai come coordinatore dell’ufficio cercai di continuare su quella scia confrontandomi con quanto proposto in altre diocesi e soprattutto a livello nazionale. Il contributo offerto dagli incontri di formazione Cei continuano a confermarmi che stiamo camminando sulla strada giusta. In tutto questo ripensamento devo ringraziare alcuni preti e catechisti che ci hanno aiutato. Già da tempo era richiesto che ogni diocesi presentasse un suo progetto catechistico, un testo ispiratore e orientativo per tutta la catechesi diocesana. Noi non avevamo ancora un testo simile. Quindi si è pensato, già convinti di dover arricchire la sintetica proposta iniziale di cogliere l’occasione per fare un passo avanti nel progettare un cammino diocesano. All’arricchimento del testo hanno contribuito diverse persone: devo ringraziare catechisti e sacerdoti, in particolare don Filippo Monteverde e tutta l’equipe dell’ufficio catechistico. È stato comunque fondamentale il contributo di Fabrizio Carletti con cui già tre anni fa avevamo fatto un percorso diocesano e che ho ritrovato nell’equipe dell’ufficio catechistico della Cei. Tutta questa rete di contatti e relazioni ha fatto sì che non si trattasse di idee o indicazioni solo nostre ma di qualcosa di condiviso e con un largo respiro. Nell’anno pastorale passato abbiamo presentato gli Orientamenti in un incontro diocesano a Quarto, aperto a catechisti e sacerdoti. Inoltre ho avuto modo di parlarne alla Guardia con un bel gruppo di preti. Da ultimo avevo lasciato ai membri del Consiglio Presbiterale e ai Vicari i titoli dei capitoli degli Orientamenti chiedendo a chi fosse interessato a saperne di più, o a dare suggerimenti a contattarmi in privato. Con L’arcivescovo si è pensato fosse importante continuare con una condivisione con preti e laici, soprattutto negli organismi di partecipazione. Per questo motivo gli orientamenti hanno come titolo “un primo passo”. Il secondo passo sarà quello di lasciarsi ispirare da essi, metterli in pratica, provarli, arricchirli o correggerli. Avremo 5 anni per camminare su questa pista per poi trovarci ad una riconsegna ufficiale in modo da assumerli come vero progetto diocesano per Genova.

Nel testo si ribadisce la necessità di far uscire la catechesi e l’iniziazione cristiana dalle aule per renderle più integrate nella vita della comunità parrocchiale. Come fare
Il centro degli orientamenti è proprio la parola “comunità cristiana”. Finchè le nostre parrocchie non escono dalla  prospettiva di essere centri in cui si erogano vari servizi e a cui i fedeli individualmente possono accedere, scegliendo tra le varie possibilità e orari, secondo i loro gusti e possibilità non potrà partire nessun rinnovamento della catechesi. La trasmissione del vangelo è direttamente proporzionale al livello di fraternità cristiana presente in una parrocchia. Il problema non sta nei metodi catechistici ma nella qualità di vita comunitaria di una parrocchia. Finchè l’iniziazione è il catechismo offerto a determinati orari da pochi esperti allora le famiglie difficilmente riusciranno ad essere coinvolte e attratte nella via del vangelo. Cambiare non solo è possibile ma addirittura urgente. Questo sentire rispetto al ruolo della comunità va di pari passo con gli orizzonti del cammino sinodale. Non è un caso che la Chiesa viva questo periodo; abbiamo tante cose, molte strutture, molte proposte interessanti in tutti i campi ma tuttavia una cosa sola ci manca: vivere una reale e concreta fraternità cristiana. Questa è il sale per rendere meno insipide le nostre proposte. È ciò su cui dobbiamo lavorare tutti insieme. Il cammino sinodale, la lettera pastorale dell’Arcivescovo e i nostri Orientamenti ci indicano di abbattere i muri, le separazioni all’interno dei nostri schemi pastorali. In una parrocchia i settori hanno poco senso e tante cose ancora frenano il raggiungimento di questo grande obiettivo: nella stessa comunità partecipare a diverse eucarestie, separare i cammini delle famiglie e degli adulti da quelli dei ragazzi, delegare le attività catechistiche ad un piccolo gruppo di persone, vivere il consiglio pastorale come insieme di rappresentanti di realtà diverse etc. Essere sulla stessa strada comporta cambiamento di mentalità e soprattutto una visione comune: se tutti vediamo la meta tutti, gradualmente, ci incamminiamo verso essa. Ma tutti la vediamo? Tutti siamo convinti di dover arrivare lì? Tutti siamo disposti a cambiare alcune cose che abbiamo sempre fatto in certo modo?

La famiglia riveste un ruolo fondamentale nell’iniziazione alla fede. Come poterle coinvolgere maggiormente nell’esperienza di fede? Come stimolare il desiderio di partecipare?
Le famiglie non vanno trattate solo da famiglie, da genitori dei bambini del catechismo. Abbiamo un debito verso di loro come comunità cristiana. A loro, come ad ogni essere umano, spetta di ricevere l’annuncio di Gesù. Il Signore Gesù vuole salvare anche loro e se li ha messi sulla strada della sua Chiesa è perché essa proponga loro la via del vangelo. Invece le cose non stanno sempre così. In molte realtà questi adulti passano quasi tutte le settimane, per diversi anni, nelle nostre parrocchie per affidarci i loro figli: quante volte gli abbiamo proposto Gesù? Quante volte li abbiamo invitati ad un cammino di evangelizzazione? Con quanti, come comunità, abbiamo creato legami di amicizia? Quanti abbiamo veramente inserito nella comunità cristiana? Questo è il tema importante della catechesi e non tanto la preparazione dei bambini ai sacramenti. Senza una famiglia che vive la fede e la comunità cristiana a ben poco serviranno le nostre lezioni di catechismo. Il tema della famiglia però deve avere una precisazione presente nei nostri Orientamenti: non basta far incontri sulla genitorialità invitando esperti nelle materie più disparate. L’obiettivo non è quello di avere i genitori tra noi, vicini a noi a qualsiasi costo: la meta è che ognuno di loro incontri veramente Gesù. E questo non perché sono genitori ma perché sono adulti. Trattarli da adulti capaci di fede è in molti casi una novità. Ma le nostre parrocchie sono attrezzate per presentare  un cammino di riscoperta della fede? Come lo faremmo? Con lezioni frontali di teologia? Chiamando esperti? Abbiamo qualche strumento per parlare di Gesù ai bambini ma pochissime vie per farlo con gli adulti. I movimenti postconciliari hanno come denominatore comune proprio questo: non offrono percorsi per i bambini ma annunciano Gesù agli adulti. Forse le nostre parrocchie dovrebbero seguire questo esempio per potersi veramente inserire nella nuova evangelizzazione; ne abbiamo parlato da tanti anni dimenticando una cosa semplicissima: la nuova evangelizzazione è passare da una chiesa che pensa solo ai ragazzi e ai giovani con l’idea di “tirarli su” fin da piccoli ad una comunità cristiana che prima di tutto, con le sue energie migliori, si dedica ad annunciare il vangelo agli adulti. È una conversione, è una inversione di rotta, è una rivoluzione copernicana: al centro, tra le nostre priorità tutti gli adulti. Certamente, se non riusciamo a parlare del vangelo a chi per anni passa nei nostri locali per affidarci la cosa più preziosa che ha, i figli, allora chi pensiamo di poter invitare alla vita di fede? Se non sono proprio le famiglie che ancora ci portano i loro bambini per la catechesi ad essere le primi da affiancare, da accompagnare come fratelli, da ascoltare da chi pensiamo di poter andare? Forse l’uomo della strada è più facile da raggiungere di chi entra dentro le nostre chiese per molti anni?

Nelle ultime pagine degli Orientamenti si fa riferimento all’ordine attuale dei sacramenti: non il centro del rinnovamento, ma uno degli elementi possibili. Ci sono alcune indicazioni che vuoi condividere?
Il tema dei sacramenti è importante e andrebbe approfondito soprattutto a livello teologico. Basti pensare  che Papa Leone XIII scrisse una lettera di lamentela al Vescovo di Marsiglia perché in quegli anni aveva avviato una pratica poco tradizionale celebrando la Cresima dopo la Prima Comunione. Già da questo esempio si capisce che l’ordine attuale dei sacramenti non ha alcun reale significato teologico ma è stato introdotto solo per fini pastorali e anche in tempi recenti. Si tratta di una pratica iniziata qua e là nel secolo scorso e poi diventata predominante dopo il Concilio. L’ordine dei sacramenti è legato anche al senso che essi hanno per noi. Mettendo la Cresima come culmine del cammino di iniziazione essa è diventata la fine di tutto e, per molti casi, anche l’uscita dalla Chiesa. In quella posizione le si è attribuito il significato di confermare il battesimo come se quest’ultimo fosse incompleto e avesse bisogno di una ratifica. Quando invece l’Eucarestia è alla fine dell’itinerario continua ad essere un sacramento “aperto” perché ripetibile, non da ricevere una volta nella vita come battesimo e cresima. Si accede non alla Prima Comunione quasi fosse un sacramento a sé, da vivere una volta sola nella vita, ma piuttosto all’Eucarestia, sacramento a cui si potrà partecipare ogni domenica. Inoltre in questo ordine nuovo ma allo stesso tempo antico la Confermazione riprende il ruolo dello Spirito Santo che ci permette di prendere parte all’offerta di Gesù e quindi una “vita spirituale” nutrita e formata dall’eucarestia. Questi pochi accenni dicono di alcuni elementi teologico- spirituali che fanno propendere per un cambio di struttura dell’ordine dei sacramenti. Tuttavia non è certo questo il centro dei nostri orientamenti. Si può cambiare tutto senza cambiare niente. È la prospettiva, la visione che deve mutare. Senza questo rimarremo sempre gli stessi. Pur cambiando testi, attività non c’è molta differenza tra la  catechesi vissuta oggi e quella di 100 anni fa: non si vuole cambiare per cambiare ma piuttosto rendersi conto che la realtà è diversa, il mondo è diverso. E il vangelo pur rimanendo sempre lo stesso ha bisogno di essere trasmesso con il linguaggio compreso dalla gente (il Papa direbbe: in dialetto).

a cura di Francesca Di Palma