“Ero straniero e mi avete accolto”: il convegno organizzato dalla Conferenza Episcopale Ligure al Galata Museo a Genova ha visto una forte partecipazione ed è stata un’occasione di confronto e riflessione sulle caratteristiche e l’evoluzione del fenomeno migratorio dal punto di vista specifico del territorio regionale.
Le relazioni di padre Fabio Baggio, sotto-segretario della sezione migranti e rifugiati del dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, e di Luigino Bruni, docente di economia politica presso l’Università LUMSA, hanno aiutato a entrare nell’analisi di un tema che troppe volte viene affrontato soltanto in termini politici, senza rendersi conto che sono soprattutto persone e volti a essere coinvolti; entrare in dialogo con qualsiasi persona abbia vissuto un’esperienza traumatica di fuga dal proprio paese, per motivazioni diverse, è soprattutto un’opportunità da cogliere. Troppa invece la paura dello straniero diffusa e alimentata da un secolarismo preoccupante.
Le testimonianze che sono state portate tra le due relazioni hanno dato la possibilità di verificare che tanto è stato fatto e ancora può essere fatto per un’integrazione che è possibile e che, quando realizzata, è una gioia sia per chi è arrivato da lontano sia per chi è stato accolto. Ecco allora l’esperienza di un sacerdote di Ventimiglia che vive ogni giorno accanto a migranti costretti a vivere per strada, dei frutti del progetto dei corridoi umanitari portato avnti dalla Comunità di S. Egidio, del progetto savonese che ha permesso ad alcuni migranti di essere accolti in famiglia o in casa, e infine del ‘campus’ genovese di Coronata dove i migranti hanno trovato una casa, una scuola e un’occasione per imparare un mestiere e rendersi quindi autonomi.
“Pensare agli immigrati in termini di vantaggio o svantaggio non credo sia la prospettiva giusta” – così ha detto il Cardinale Bagnasco nel suo intervento al termine delle relazioni sottolineando come la comunità cristiana sia oggi malata di secolarismo e quindi incapace di un’autentica lettura evangelica della realtà, ma semmai basata soltanto sulle categorie mondane.
Il fenomeno migratorio è secondo il Cardinale un appello di Dio al risveglio della coscienza, sia personale sia sociale: “Il risveglio delle coscienze è una grazia del nostro tempo, la gente si interroga e cerca delle risposte intorno a questi temi, per questo la presenza dei migranti deve essere vista come un elemento assolutamente positivo”.
“I migranti, inoltre – ha aggiunto l’Arcivescovo – sono una grazia, perché avere qualcuno che chiede aiuto fa uscire da sé stessi rendendosi dono. Andare verso l’altro mi salva da me stesso”; particolarmente efficace la sottolineatura della differenza tra multiculturalità e interculturalità: nel primo caso il rischio è quello di un semplice rispetto reciproco, il secondo porta con sé autentici dialogo e integrazione: “Certamente per dialogare è necessario avere qualcosa da dire di nobile e significativo; la nostra identità ha una storia che purtroppo l’Europa sta negando, tradendo così la sua vocazione verso le altre parti del mondo” – ha detto ancora Bagnasco.
Il Cardinale, infine, ha auspicato che l’Europa torni a curare la sua anima, altrimenti è destinata a disperdersi applicando il peggiore dei totalitarismi, ovvero il secolarismo: vivendo come se Dio non ci fosse, non è possibile distinguere il bene dal male, si crea una società incerta e depressa, senza punti di riferimento, che non può che scadere nell’omologazione culturale.
Le relazioni di padre Fabio Baggio, sotto-segretario della sezione migranti e rifugiati del dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, e di Luigino Bruni, docente di economia politica presso l’Università LUMSA, hanno aiutato a entrare nell’analisi di un tema che troppe volte viene affrontato soltanto in termini politici, senza rendersi conto che sono soprattutto persone e volti a essere coinvolti; entrare in dialogo con qualsiasi persona abbia vissuto un’esperienza traumatica di fuga dal proprio paese, per motivazioni diverse, è soprattutto un’opportunità da cogliere. Troppa invece la paura dello straniero diffusa e alimentata da un secolarismo preoccupante.
Le testimonianze che sono state portate tra le due relazioni hanno dato la possibilità di verificare che tanto è stato fatto e ancora può essere fatto per un’integrazione che è possibile e che, quando realizzata, è una gioia sia per chi è arrivato da lontano sia per chi è stato accolto. Ecco allora l’esperienza di un sacerdote di Ventimiglia che vive ogni giorno accanto a migranti costretti a vivere per strada, dei frutti del progetto dei corridoi umanitari portato avnti dalla Comunità di S. Egidio, del progetto savonese che ha permesso ad alcuni migranti di essere accolti in famiglia o in casa, e infine del ‘campus’ genovese di Coronata dove i migranti hanno trovato una casa, una scuola e un’occasione per imparare un mestiere e rendersi quindi autonomi.
“Pensare agli immigrati in termini di vantaggio o svantaggio non credo sia la prospettiva giusta” – così ha detto il Cardinale Bagnasco nel suo intervento al termine delle relazioni sottolineando come la comunità cristiana sia oggi malata di secolarismo e quindi incapace di un’autentica lettura evangelica della realtà, ma semmai basata soltanto sulle categorie mondane.
Il fenomeno migratorio è secondo il Cardinale un appello di Dio al risveglio della coscienza, sia personale sia sociale: “Il risveglio delle coscienze è una grazia del nostro tempo, la gente si interroga e cerca delle risposte intorno a questi temi, per questo la presenza dei migranti deve essere vista come un elemento assolutamente positivo”.
“I migranti, inoltre – ha aggiunto l’Arcivescovo – sono una grazia, perché avere qualcuno che chiede aiuto fa uscire da sé stessi rendendosi dono. Andare verso l’altro mi salva da me stesso”; particolarmente efficace la sottolineatura della differenza tra multiculturalità e interculturalità: nel primo caso il rischio è quello di un semplice rispetto reciproco, il secondo porta con sé autentici dialogo e integrazione: “Certamente per dialogare è necessario avere qualcosa da dire di nobile e significativo; la nostra identità ha una storia che purtroppo l’Europa sta negando, tradendo così la sua vocazione verso le altre parti del mondo” – ha detto ancora Bagnasco.
Il Cardinale, infine, ha auspicato che l’Europa torni a curare la sua anima, altrimenti è destinata a disperdersi applicando il peggiore dei totalitarismi, ovvero il secolarismo: vivendo come se Dio non ci fosse, non è possibile distinguere il bene dal male, si crea una società incerta e depressa, senza punti di riferimento, che non può che scadere nell’omologazione culturale.