Ancora oggi, nonostante l’intensa urbanizzazione, salire al Monte è una profonda emozione! L’arrivo sul piazzale e poi l’ingresso nel Santuario permettono di ammirare un luogo nel quale natura, arte e devozione convivono in un unicum, che solo una città come Genova può offrire: un’ apertura sul panorama che spazia dal monte di Portofino fino oltre la costa di Arenzano, e una chiesa affacciata sulla citta con un prospetto semplice, che introduce in uno spazio sacro dove le opere d’arte conducono il visitatore a leggere la propria fede con la semplicità francescana, o a conoscere alcuni esempi tra i più significativi della produzione pittorica genovese dal XV al XVIII secolo.
Dalla fondazione della prima cappella, segnalata già dal 958, affidata ai Monaci Mortariensi dal XII secolo, la chiesa fu trasformata a partire dal XV secolo grazie all’intervento dei Franti Osservanti che, sostenuti dal doge Raffaele Adorno, poterono ampliarla e ricostruirla. La permanenza dei Frati al Monte fu sostenuta nel 1440, e a seguire nel 1525 e 1566, da una serie di apparizioni miracolose di luci angeliche che ruotavano sul monte, segno che fu ricondotto al desiderio della Vergine di rinnovare il culto verso la chiesa che custodiva la Sua immagine. Il nuovo edificio fu dedicato all’Annunziata, ma già dal XVI secolo prese il titolo di Madonna del Monte, come ancora oggi si conosce. Notevoli quindi furono le trasformazioni interne che portarono alla facies odierna: il cuore del santuario è lo scurolo, costruito come piccolo oratorio da Bartolomeo Bianco (1590-1657) e affrescato da Andrea Ansaldo (1584-1638), alla fine del XVI secolo, con Storie della Vergine. La ricca decorazione con marmi policromi di manifattura napoletana si sviluppa intorno all’altare dove, tra due colonne di marmo rosso di Francia, è custodita l’immagine della Madonna del Monte, statua lignea della Vergine con il Bimbo in braccio e un globo dorato, attribuita allo scultore senese Francesco Valdambrino (1375/80-1435), collaboratore di Jacopo della Quercia. La costruzione attuale richiama le forme architettoniche della Casa di Loreto, e si presenta come una chiesa di vaste proporzioni caratterizzata da un marcato verticalismo, nel quale la luce e la sobrietà degli arredi sono i grandi protagonisti. Molte le opere d’arte custodite con attenzione: ne seguono elencate solo alcune. La particolare e accesa devozione dei Francescani verso la Vergine è ripresa anche nel presbiterio rialzato, dove dietro il bellissimo altare di Giovanni e Battista Orsolino è posta la grande pala con l’Assunzione della Vergine, datata 1632 e firmata da Domenico Fiasella (1589-1669), dipinto commissionato dalla famiglia Saluzzo, che sostenne il rifacimento di tutta la zona presbiteriale. Le grandi famiglie genovesi si occuparono di decorare le cappelle laterali del Santuario affidando la commissione ai più noti autori del tardo Cinquecento e Seicento, con il sistema tutto genovese, del giuspatronato: così i Negrone de Nigro chiesero a Lazzaro Calvi (XVI sec.) la pala per l’altare della cappella dedicata a San Giovanni Battista; a Giovanni Battista Casone (1610-1686) la famiglia de Fornari affidarono la tela con Santa Teresa che riceve l’Eucarestia da San Pietro d’Alcantara (1671); per la cappella dello Sposalizio, già dei Tre Magi, fondata da Stefano Fieschi Raggio, Simone Dondo da Carnoli (1519-1560?) dipinse lo Sposalizio della Vergine; ancora di Domenico Fiasella è la Sacra Famiglia e Sant’Anna posta sull’altare della cappella della famiglia Negrone, che, dal 1461 al 1812, provvedeva all’esposizione della reliquia di Sant’Anna, il cui braccio reliquiario è oggi conservato presso il Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo. Molte ancora le opere custodite: Giovanni Battista Carlone (1603-1677) dipinse la Natività tra i pastori e il committente Gerolamo Giovanni Grimaldi, sepolto nella cappella di testata destra. Nella navata sinistra è conservato all’interno della cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova, già del Santissimo Sacramento, tra i sepolcri di Arrigo Salvago e della consorte, il polittico con l’Annunciazione, attribuito a Giovanni Mazone (1433-1511), sua opera giovanile eseguita prima di quella con lo stesso soggetto per Santa Maria di Castello. Nelle cappelle seguenti, la Vergine Immacolata e Santi di Anton Maria Vassallo (1620-1645), affiancata a destra da un’altra tela con l’Immacolata del Guidobono. Raccolti ma imponenti sono gli spazi della vita comunitaria che custodiscono opere significative per la vita dei frati al Monte: nel grande refettorio è conservata la grande tela di Orazio De Ferrari (1606-1657) con l’Ultima cena, firmata a datata al 1641, insieme a un pulpito in pietra di promontorio del XV secolo, dal quale il frate lettore leggeva le sacre scritture durante il pranzo. Nella grande sacrestia l’Albero di Jesse attribuito ad Andrea Semino (1526-1594), decora l’altare posto tra i bellissimi mobili in noce e piccoli dipinti di Bernardo Strozzi (1581-1644), e nella pace del chiostro è murata la pala d’altare marmorea cinquecentesca che raffigura la Crocifissione tra i Santi Bernardini e Lorenzo.
Tutti gli spazi al Monte parlano della devozione per la Madonna, che è sempre stata fortemente sentita dai genovesi: era invocata durante le pestilenze e si credeva che portare sul proprio corpo l’effige della piccola statua preservasse dal morbo. Una protezione che si estendeva anche al mare: molti sono gli ex voto marinari qui conservati che si uniscono ad altri per grazia ricevuta, che raccontano guarigioni miracolose. Una devozione che si allargava al mare, con le navi che entrando nel porto salutavano la Madonna del Monte con colpi a salve; ma che si estendeva anche nel territorio, quando, il giorno di Pasqua, saliva verso il monte la processione delle Casacce del Levante, mentre quelle del Ponente si recavano per la festività di San Francesco da Paola. Un santuario del cuore per Genova.
Grazia di Natale
Vice Coordinatore dell’Ufficio diocesano Beni Culturali