Il Cardinale Bagnasco ha celerbato in Cattedrale la Messa per la Domenica delle Palme
Questo il testo integrale dell’omelia dell’Arcivescovo pronunciata in Cattedrale il giorno delle Palme.
Cari Fratelli e Sorelle, inizia la più grande settimana dell'anno liturgico, il cuore della nostra fede: la passione, morte e risurrezione di Cristo. Mistero di amore e dolore, che ha inizio con un trionfo: la folla osannante, che accoglie Gesù in Gerusalemme, sarà la stessa che, urlando rabbiosa, chiederà la sua morte. Il Signore abbraccia così anche questo aspetto del baratro umano: l'arma affilata dell'ingratitudine e del tradimento di tanti beneficati, fino a poco prima sorridenti e adulatori.
Ma ciò che ci deve colpire fino alle lacrime è che Gesù non cessa di posare sulla folla il suo sguardo di compassione e di tenerezza. Non diventa acido e tagliente, ma mesto e dolce sotto il peso della delusione e della sofferenza.
La sua reazione ci commuove, infonde fiducia e ci invita a imitarlo. E' facile – quasi istintivo – che dalla delusione nasca una visione pessimistica che avvolge uomini e cose; è facile che si radichi un disincanto universale che avvelena la vita, la diffidenza che impedisce i rapporti. In una parola, è facile che subentri la durezza del cuore, che cerca di mettersi al riparo da nuove amarezze e disillusioni: il volto si impietrisce, lo sguardo diventa gelido, il sorriso si spegne, il silenzio è distanza, la parola si fa tagliente e il gesto distaccato.
Ma non è stato così per Gesù! Egli reagisce diversamente ai nostri tradimenti, alle trascuratezze quotidiane, alle nostre indifferenze pigre. Lasciamoci allora abbracciare dalla sua tenerezza – essa ci provoca al bene più di qualunque rimprovero – e chiediamogli di poter agire come Lui nei confronti dei nostri fratelli. Sempre, ma innanzitutto in questi giorni di grazia: una parola detta o trattenuta, un sorriso vero, uno sguardo di benevolenza, un gesto di riconciliazione e di amore.
Gesù non è solo il modello di un' umanità che ci affascina, ma ne è la vena inesauribile, nascosta in cielo ma discesa sulla terra per offrirsi a ciascuno. E allora non stacchiamoci da quella sorgente: il modo sono i sacramenti della riconciliazione e dell'Eucaristia.
Il modo è fissare i nostri occhi malati nei suoi occhi di luce, il nostro sguardo di ombre e di diffidenze, nel suo di cielo e di tenerezza. Ecco la preghiera: più ci lasciamo andare a Lui, tanto più diventiamo come Lui, capaci di portare le ferite della vita, delle delusioni degli uomini e di noi stessi. Con Lui potremo guardare il mondo, noi, gli altri, con più grande benevolenza.