Il secondo anniversario del crollo di Ponte Morandi si è aperto con la celebrazione della S. Messa presieduta dall’Arcivescovo nella parrocchia di San Bartolomeo della Certosa. Alla presenza di alcuni dei familiari delle vittime, del Sindaco Marco Bucci e di diverse altre autorità civili, la funzione, concelebrata dal parroco di Certosa Don Gianandrea Grosso e dai parroci del Vicariato di Rivarolo, si è aperta con la lettura nomi delle 43 persone che persero la vita in quel tragico 14 agosto 2018.
“Siamo chiamati ad essere uomini e donne di speranza – ha sottolineato nell’omelia Mons. Tasca – Spesso la speranza si identifica con il pensare che le cose vadano meglio, probabilmente è anche questo. Ma per noi credenti la speranza ha un nome e un cognome: tutto ha senso. Da ricercare con molto umiltà. È questa la grazia che oggi siamo a chiedere al Signore: aiutaci a trovare un senso in tutto quello che è successo, a quello che ci succede ogni giorno”.
“Viviamo questa Eucarestia – ha proseguito – nel segno certamente della speranza come credenti” e, richiamando il brano del Libro dell’Apocalisse letto durante la Liturgia della Parola, ha notato come “oggi tante domande ci sono anche nel nostro cuore, domande che forse non hanno ancora una risposta. Ma siamo qui, come comunità cristiana a dire: Signore, aiutaci. Sii presente nella nostra vita”. “Il tentativo di risposta che l’Apocalisse dà – ha continuato – credo sia molto consolante per noi oggi”. Perché dice che “il male, il dolore, il pianto, la sofferenza, la morte non hanno l’ultima parola. Siamo davvero chiamati a chiedere al Signore la grazia di credere in questo”. “Perché – ha detto ancora Mons. Tasca – forse non viene spontaneo, forse è molto difficile, in maniera particolare in questa giornata per i parenti delle vittime”. “Come credenti è davvero bello dire: Signore ti ringrazio che il dolore, la morte e la sofferenza non hanno l’ultima parola. Dammi la grazia di sperimentare questo”.
Mons. Tasca ha poi ricordato quanto afferma il profeta Isaia: “Dio ci porta scolpiti sulle palme delle sue mani”. È “bellissimo”, ha commentato, “sapere che quando Dio si guarda guarda il nostro volto. È questa la speranza cristiana: sappiamo che qualcuno si prende cura di noi, sappiamo che Dio non ci abbandona, che è con noi”.