Il nono centenario di Consacrazione della Chiesa Cattedrale

Omelia pronunciata in Cattedrale per i Vespri pontificali per l'anniversario dei 9 secoli di consacrazione della Cattedrale
10-10-2018
Arcidiocesi di Genova
Mercoledì 10 Ottobre 2018
Nono Centenario della Consacrazione della Chiesa Cattedrale (1118-2018)
Omelia dei Vespri Pontificali
Cari Fratelli e Sorelle
Grande è la nostra gioia in questo giorno nel quale – nel 1118 – la cattedrale fu consacrata dal Papa Gelasio II durante il suo viaggio verso la Francia. Sono nove secoli. Perché, possiamo chiederci, la divina Provvidenza ha riservato proprio a noi di celebrare questo Giubileo?
Solo Dio può rispondere dei suoi disegni, ma noi crediamo che ogni sua sovrana disposizione è per il nostro bene spirituale.
1. Il brano dell’Apocalisse, che la Liturgia del Vespro ci ha fatto ascoltare, ci può soccorrere per intravvedere qualcosa di questo disegno, qualcosa che di certo non esaurisce la sovrabbondanza della volontà di Dio su di noi e sulla comunità cristiana di Genova: “Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e il suo Agnello, sono il suo tempio”. San Giovanni vede la nuova Gerusalemme scendere fulgente dal cielo: essa è la sposa del Figlio di Dio; è la città del cielo, è la vita eterna dove non c’è più bisogno di tempio e di sole, poiché Cristo è il tempio dove si incontra Dio e il sole ed è la luce che illumina l’universo riconciliato. Siamo di fronte ad una visione sconfinata e solenne, dove l’umanità trova casa in un giorno senza tramonto. Non è forse, questo, il sogno del cuore umano? Trovare dimora e consistenza, amore e pace; raggiungere finalmente il porto desiderato, e mai raggiunto nella vita terrena? Arrivare all’approdo per sempre, nella pienezza della beatitudine?
2. Ma la visione non riguarda solo il destino finale dell’umanità e del cosmo, ma anche il presente della nostra umana condizione. Noi, fin tanto che siamo pellegrini nel tempo, abbiamo bisogno del tempio, di questi tempio fatto di pietre: abbiamo bisogno di vedere, di toccare, di sentire, di udire la presenza del Mistero. Abbiamo bisogno di un luogo dove il simbolo ci parla e i segni sacramentali ci trasfigurano. Ecco perché amiamo le nostre chiese, specialmente la chiesa cattedrale, madre di tutte le chiese della Diocesi: abbiamo bisogno di queste pietre che ci portano la voce dei secoli, la testimonianza della fede dei padri, l’evidenza del loro sacrificio, l’eco della loro preghiera.
3. Le antiche cattedrali che trapuntano l’Europa sono come le spalle dei giganti sulle quali siamo seduti per guardare lontano, per salvarci dalla miopia dell’immediato e dal peso della materia. Entrare in questo tempio, lasciarci avvolgere dalla sua bellezza austera e munifica, è alzare lo sguardo, è diventare leggeri rispetto alle fatiche quotidiane. Qui tutto prende ali, si eleva come volute d’incenso, diventa offerta e preghiera, lode e supplica. Qui Dio si manifesta in modo speciale, poiché si è legato alla nostra umanità bisognosa. Qui Egli risponde alle nostre implorazioni. Qui lo possiamo toccare, vedere, udire nel silenzio che tutto avvolge. Qui Dio ci assicura che è con noi, qui le parole del Risorto prendono forma: “Non temete, io sono con voi sempre, fino alla fine del mondo”! Sono quelle parole che la Santa Vergine, dall’antico altare, ci ripete ogni giorno.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
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