“Là lo troverete”

Omelia pronunciata in Cattedrale nella S.Messa solenne di Pasqua
01-04-2018
Arcidiocesi di Genova
Santa Pasqua 01.04.2018
Omelia
‘Là lo vedrete’
Cari Fratelli e Sorelle,
L’alleluia Pasquale risuona da un capo all’altro della Terra: le campane ne fanno notizia, la Liturgia rende presente il Risorto.
Se non siamo distratti, ne avvertiamo la sottile e solenne gioia: sentiamo che non tutto è perduto, che il mondo può essere diverso, che la speranza non può morire. Ci auguriamo, Cari amici, sia tutto questo per noi, per i nostri cari, per l’umanità.
In particolare, vorremmo dire ai genitori che iniziare i bambini al mistero della Pasqua significa indurli nel segreto della vita vera, scoprire la via della gioia che resiste alle avversità.
Il Vangelo di Marco – proclamata nella Veglia Pasquale – narra che un gruppo di donne va di buon mattino alla tomba di Gesù. Vorrei che ci lasciassimo oggi guidare da loro. Non è difficile intuirne i sentimenti: il loro cuore è come una tomba chiusa dal peso di una immensa pietra. Sembra che il sepolcro si prolunghi nelle loro anime: se da un lato corrono ansiose verso la meta, dall’altro si trascinano sotto il peso della pietra tombale che non vorrebbero mai più rivedere. In fondo, si accontentavano di poco: poter rimanere per alcuni momenti vicine ai ciò che rimaneva del Maestro e prestargli l’estremo tributo di pietà; restare accanto a ciò che ancora si poteva vedere e toccare di Lui e che avrebbe donato la sensazione della Sua estrema presenza. Il dolore che trafigge le loro anime è conseguenza della sua morte, ma anche della crudeltà con cui l’Agnello senza macchia è stato condotto al macello. L’assenza di Gesù – vagamente paragonabile – allo spegnimento del sole – provoca in loro uno smarrimento e un abisso dal quale sale l’antica domanda : chi sono io? Che senso ha il mio vivere? Che sarà di me? Sono le domande universali che attraversano la storia umana e che si fanno più acute quando la speranza viene meno. Gesù è nella tomba, il sogno è finito, la delusione invade, il vuoto è incolmabile. La nostalgia di un tempo – troppo breve – di speranza e di vita è lacerante.
Anche i discepoli di ieri e di oggi, anche noi possiamo essere ghermiti da questi pensieri e sentire l’anima scossa dagli stessi sentimenti, specialmente sotto l’esperienza greve della nostra miseria, della fragilità personale, quando abbiamo la grazia di toccare lo scarto tra l’amore di Dio e la nostra povera risposta. Però, su questi movimenti dell’anima, su questi sentimenti delle donne al sepolcro, e di noi oggi, risuona la parola dell’Angelo: ‘Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui (…) andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro : egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete’. Cari amici, Gesù non appare alle donne in questo momento: vuole che esse prestino ascolto alle parole dell’Angelo, che si fidino, che obbediscano al suo invito, poiché non c’è vera fede in Dio senza obbedienza a Dio. Ed esse fanno quello che hanno ascoltato. Erano insieme – ciascuna era con le altre – e questo ci ricorda che non si può credere da soli, ma insieme, poiché la fede è si un atto personale, ma non solitario: è la fede della chiesa, di un popolo che custodisce il tesoro della fede attraverso i secoli, e lo consegna integro alle nuove generazioni. Le donne sono inviate a dirlo agli apostoli che ne saranno i garantì fino alla fine del mondo e il Signore sarà fedele alla sua parola: li incontrerà in Galilea dove apparirà a loro. Anche noi possiamo incontrare il Risorto se andiamo nella Galilea dove Lui ci attende.
Se vogliamo piegare la volontà del Signore, se pretendiamo di interpretare il Vangelo secondo lo spirito del mondo, i nostri gusti, idee personali, i sondaggi non incontreremo il Signore. Se vogliamo essere di Cristo, ma non possiamo disposti a seguirlo, cioè ad obbedire alle sue parole anche quando ci costano, allora la nostra Fede è un sentimento fluttuante, e l’incontro con il Risorto sarà difficile. Qual è la nostra Galilea? Quella che il Signore ha stabilito per ciascuna di noi dove ci attende per rivelarsi nella Fede che è una luce opaca o oscurità luminosa? La Pasqua è il momento migliore per risponderci: se lo faremo con umiltà e fiducia allora sì, Lo vedremo, e sarà gioia la nostra Galilea, sarà più vivibile perché più luminosa.
Card. Angelo Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
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