“L’amore della verità”

Omelia pronunciata nella Chiesa di S. Marta nella S. Messa per Comunione e Liberazione
22-02-2018
Arcidiocesi di Genova
Giovedì 22.2.2018
Santa Messa per Comunione e Liberazione
OMELIA
‘L’amore della verità’
Cari Amici di Comunione e Liberazione
1. Un’origine di grazia
Sono lieto di pregare con voi, per ciascuno di voi, le vostre famiglie, i vostri cari, per la vostra Comunità. In un momento storico – erano gli anni della contestazione – dove molto si voleva distruggere perché ritenuto sorpassato e il nuovo era vagheggiato ma non aveva volto, voi siete stati una luce. La personalità di Don Giussani, soprattutto la sua fede diamantina, ha avuto il coraggio di andare contro corrente, e di trasformare la sua estesa esperienza di amicizia in una presenza di coraggiosa bellezza in un tempo di confusione e di rifiuto. Così, avete avuto la chiarezza spirituale di affermare il punto fermo della fede come incontro con Cristo, sorgente di libertà e di gioia. Avete affrontato quel tempo con la fiaccola della verità, avete affermato la ragione alta e fondativa della vita cristiana, della storia e del mondo.
2. Alcuni slogan
Si sente dire che la verità viene usata come una clava; si dice che il credente non deve creare divisioni e contrasti; si afferma che basta il Vangelo; si teorizza che la via cristiana è la testimonianza nella vita personale. Sono affermazioni che si rincorrono nella storia come le foglie al vento. Anche per questo le letture ascoltate ci esortano alla preghiera, a pregare con fede e insistenza, certi che Dio non è sordo alla preghiera dei poveri. Noi tutti siamo poveri se siamo umili e desiderosi della santità. Pregare è, infatti, rivolgere il nostro cuore a Dio, è portare davanti a Lui la nostra vita, perché sia purificata dalla sua luce e fortificati dalla grazia. Sì, abbiamo bisogno di essere illuminati e sostenuti da Dio!
3. La verità libera
La verità di Gesù non schiaccia nessuno ma libera dall’errore nostro e dalla inganni altrui, stana i nostri calcoli, ci restituisce a noi stessi nel bene che siamo e nel male che abbiamo. Ciò è possibile perché è la luce di Cristo che ci illumina, non i nostri ragionamenti, punti di vista, le nostre preferenze. Le situazioni che viviamo sono dei frammenti che non possono fare verità piena su di noi e sulla vita: il particolare elevato a universale, infatti, crea parzialità ed errore, non libera la nostra libertà. Il cristiano non ha la verità in tasca – come si dice – ma neppure può far finta di non conoscere la verità che gli è donata pur di apparire vicino a tutti. Egli sa di essere un peccatore bisognoso di perdono, ma ostinatamente desidera di essere fedele a quella Verità che spesso tradisce nei fatti. Per questa ragione, predicare la verità non è brandire qualcosa, ma amare il nostro prossimo e il mondo: amare, infatti, non è un vago sentimento, bensì è volere il bene degli altri e per questo bene opera fino al sacrificio.
4. La verità non divide
Spesso si afferma con foga che dire la verità divide gli animi. In realtà, il punto non è la verità, ma la libertà. Se nascono delle divaricazioni è perché ciascuno prende posizione. Se il problema fosse la verità, allora si dovrebbe parlare solo di opinioni, perché ognuno sarebbe criterio dei principi e dei valori morali. In fondo, è questa la filosofia di oggi: è il relativismo teoretico e etico. Ma – pur riconoscendo che molte cose non sono verità assolute ma legittime opinioni – se non ci fossero delle verità immutabili dove potremmo costruire l’edificio della nostra vita e della convivenza? Se non ci fosse qualcosa per cui vale la pena di sacrificarci e di morire, come potremmo vivere? Giovenale (I-II sec. d.C.) esortava a considerare ‘sommo crimine preferire la propria sopravvivenza all’onore, e perdere per la vita le ragioni del vivere’!
5. Testimonianza e parola
Infine, si sente dire che la testimonianza silenziosa è il vero modo della presenza dei cristiani nel mondo: come se le opere potessero sostituire l’annuncio esplicito della parola. Come già scriveva il beato Paolo VI (cfr Evangelii nuntiandi, 22). ciò non è possibile soprattutto oggi, in un clima culturale in cui sembra che il valore morale di un’azione non dipenda da che cosa si sceglie, ma dal fatto che si sceglie nell’autonomia individuale. Per cui ogni scelta – in quanto tale – sarebbe buona a prescindere dal suo contenuto. In un contesto di questo tipo, comprendiamo che qualunque comportamento diventa morale, e non può avere la qualifica di buono rispetto a comportamenti opposti. Il peso, quindi, della testimonianza di vita è oggi diventato debole e spesso insufficiente: ha bisogno di essere illuminato dalla parola della fede e della ragione.
Il deperimento a cui è sottoposto il senso religioso produce lo smarrimento etico, e la coscienza viene invocata come il riferimento di fatto unico per il vivere moderno. E’ quanto mai interessante ciò che scriveva – nella seconda metà dell’ ‘800 – Newman: ‘Al giorno d’oggi per una buona parte della gente, il diritto e la libertà di coscienza consistono proprio nello sbarazzarsi della coscienza (…) La coscienza è una severa consigliera, ma in questo secolo è stata rimpiazzata da una sua contraffazione (…): è il diritto di agire a proprio piacimento’ (Lettera al Duca di Norfolk, Milano 1999).
Cari Amici, sentivo il bisogno di condividere con voi queste considerazioni e queste mie preoccupazioni di Pastore. So che mi capite appieno, avendo nel cuore la vostra storia e Don Giussani. Nonostante le apparenze contrarie, nella coscienza dell’uomo moderno continua a vivere, spesso sonnolento, il desiderio della verità e il bisogno del bene. Per questo dobbiamo avere fiducia e non avere paura di essere dissidenti d’amore. L’uomo resta il migliore alleato del Vangelo: spesso non lo conosce, ma desidera e attende che qualcuno lo faccia brillare con umiltà e coraggio.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
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