“Il combattimento della fede”

Omelia pronunciata nella Diocesi di Acireale per la festa di San Filippo d'Agira
20-02-2018
Diocesi di Acireale
Martedì 20.2.2018
Festa di San Filippo d’Agira
OMELIA
‘Il combattimento della fede’
Cari Confratelli nell’Episcopato, nel Sacerdozio e nel Diaconato
Distinte Autorità
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
1. Il senso della festa
È motivo di gioia essere con voi per celebrare San Filippo d’Agira, Patrono di questa Comunità. Ringrazio in modo particolare il Vescovo della Diocesi, S.E. Mons. Antonino Raspanti, Vice Presidente della C.E.I., e caro Confratello ed Amico. Il mio grazie va anche al Prevosto-Parroco di questa Basilica Minore, Don Alessandro Di Stefano, per il suo gentile invito a partecipare a questa festa di famiglia.
Quest’anno ricordiamo anche il bicentenario del terremoto del 20 febbraio del 1818: insieme alla memoria del tragico evento, vogliamo ringraziare in modo speciale il Santo, che ha implorato dal Signore la sua protezione. Molti eventi vanno oltre l’umana comprensione, ma sappiamo che Dio è Padre. Fare festa per i nostri Santi è continuare tradizioni antiche, che sono radicate nella fede del popolo, scaldano il cuore e nutrono l’appartenenza alla comunità. Ma anche deve rafforzare la fede sull’esempio dei Santi e alla luce della Parola di Dio.
Le notizie pervenute da antiche fonti delineano una figura di asceta, di carità e di evangelizzatore. San Filippo ha tradotto così il tesoro della fede cristiana: quel tesoro è giunto fino a noi dalla notte dei tempi, portato sull’onda viva della Tradizione della Chiesa. Vorremmo, oggi, che questa manifestazione di popolo credente aiutasse la nostra fede a crescere. E’ di questo che abbiamo innanzitutto bisogno. Dentro a questo dono, ognuno certamente ha altre richieste da presentare a chi, come il nostro Santo, sentiamo essere di casa.
2. La denigrazione della fede
Dio ci ha fatto il dono della fede perché diventiamo santi: questo è l’obiettivo della vita cristiana. Tutto il resto, buono e nobile, è conseguenza, e dev’ essere visto nell’orizzonte della santità, certi che la santità è l’affermazione della vita, il luogo della gioia, la realizzazione migliore dell’ umano. Oggi, invece, si dipinge la santità – e prima ancora la fede – come qualcosa che mortifica il desiderio di essere liberi e felici, di amare e di vivere. E’ una delle tante bugie che la cultura ci fa respirare, e che ha di mira soprattutto i giovani.
Perché questa diffusa denigrazione della fede cristiana? Per opposizione alla Chiesa? Sì, ma anche per interessi economici: infatti, più si riduce l’uomo a materia, tanto più cresce la spinta a consumare per avere soddisfazioni che illudono molti e che arricchiscono pochi. Ma possiamo accettare che la società alimenti desideri e provochi bisogni superflui, che deformi il modo di pensare, che ci riduca a macchine di consumo, che concepisca la società come la piazza dei prepotenti? Di fronte alla forza della materia, solo lo spirito può resistere.. Ecco perché si cerca di indebolire la fede, perché alimenta lo spirito: e ciò è pericoloso per ‘i dominatori di questo mondo tenebroso” come dice san Paolo.
3. Avere la fede e vivere di fede
Nel contesto appena evocato, la Lettera di Paolo ci sollecita con alcune indicazioni preziose: invita i Galati a rivestirsi della verità, della giustizia, e della Parola di Dio. A ben vedere, tutto si riassume nella fede, che l’Apostolo raffigura come uno ‘scudo’ capace di ‘spegnere le frecce infuocate del Maligno’. La fede, infatti, è mettere Cristo al centro: al centro dei nostri pensieri, del nostro cuore, delle nostre scelte, al centro della famiglia e della società.
Dal mistero di Cristo, unico Salvatore del mondo, scaturisce la giustizia, la pace, la forza interiore. Oggi, al mondo non interessa negare Dio, lo mette da parte. Vuole che Dio non c’entri con il nostro modo di vivere; che non si mescoli con i nostri sentimenti, che non illumini i nostri giudizi. In sostanza, ci lascia credere in Dio ma pretende che viviamo senza Dio. Non è forse, questa, una tentazione diffusa? Un rischio a cui tutti siamo esposti? Separare Dio dall’uomo, dalla sua vita concreta, è la continua tentazione di colui che è invidia e divisione. Creare attorno a noi un clima materialista, dove solo il benessere fisico conta e l’affermazione di sé, insinua una visione povera della vita, e ci fa dimenticare il mondo del soprannaturale, dello spirito e della grazia divina. Allora, si esaspera la ricerca del piacere immediato, si afferma il primato del fare per sentirci vivi e importanti. In questo orizzonte, facilmente crediamo che il cristianesimo è solo non fare il male, e la pastorale è fare delle iniziative. Ma la vita cristiana è prima di tutto la vita della grazia, è lasciarci amare da Gesù, è arrenderci alla sua volontà e alla forza trasformante del suo Spirito.
4. Il combattimento della fede
L’Apostolo Paolo – facendo appello allo scudo della fede, l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito – ci fa intendere che la vita cristiana è un combattimento. La lotta fa parte del cristianesimo perché fa parte della vita di Cristo: è la lotta con il male, con le oscurità interiori, con le incomprensioni degli altri, con le prove. Non dobbiamo meravigliarci se c’è la persecuzione nel mondo, né possiamo negarla leggendo le contraddizioni con occhi buonisti, quasi con un complesso di inferiorità ingiustificato. Questo modo di vedere la realtà è miope e ingiusto: è ciò che lo spirito del mondo vuole da noi, tacendo che la fede cristiana è da duemila anni sorgente di bellezza e di civiltà in Europa e nel mondo.
Sì, dobbiamo rimettere Cristo al centro della vita; non si tratta di imporsi agli altri, ma di affermare la verità di Dio. Significa aprirci all’amore vero, alla gioia salda; significa avere il coraggio – umile e convinto- di dire ciò che vero e giusto non è, nel cuore della famiglia, della vita, dei poveri, della società, del lavoro, della giustizia. Significa reagire al dissolvimento dei rapporti umani e al progetto di isolarci gli uni dagli altri in nome di una libertà solitaria; significa dire alto e chiaro ‘no’ ad una cultura che disgrega e manipola le menti e i cuori; significa costruire una città terrena più umana in attesa della città eterna.
San Filippo d’Agira ci sostenga nel vivere una fede più convinta perché alimentata dalla grazia di Dio, e più coraggiosa per amore del mondo che Cristo ha salvato con il suo sangue.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
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