“Un monile prezioso”

Omelia pronunciata in Cattedrale nella S. Messa per la Giornata della Vita Consacrata
02-02-2018
Arcidiocesi di Genova
Festa della Presentazione di Gesù al tempio, 2.2.2018
OMELIA
‘Un monile prezioso’
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
Saluto tutti, e in particolare voi, cari Religiosi e Religiose, che oggi qui rappresentate il mondo consacrato presente nella nostra Diocesi; vi saluto tutti con affetto, a cominciare da coloro che qui non sono, le monache di clausura. Siete un dono di Dio, e noi vi ringraziamo.
Nella festa della Presentazione di Gesù al tempio, tra le luci che indicano Cristo-luce-delle genti, e che esprimono la nostra umile fede, la Chiesa guarda particolarmente a voi che vi siete legati a Dio con il triplice voto di povertà, castità, obbedienza.
1. Lode a Dio
Vogliamo lodare Dio perché – in questo nostro tempo – vi sono ancora uomini e donne che hanno il coraggio di dare alla propria vita una forma definitiva, di volere qualcosa una volta per sempre, di non lasciarsi trascinare dai casi dell’arbitrio e del capriccio, dello sregolato impulso degli istinti. Uomini e donne che hanno l’ardimento di non considerare siffatta forma di vita come la condanna ad un’insopportabile pesantezza e monotonia, bensì come il vincolo che rende veramente liberi, e come la porta di accesso all’infinito.
2. È ancora possibile?
Ma è ancora possibile oggi fare un passo del genere? Ed è possibile mantenerlo in un tempo in cui sembra mancare ogni sicurezza, ogni punto di sostegno; dove tutto appare fluido, cangiante; dove solo il transitorio – non il definitivo – sembra avere cittadinanza? Dove si insinuano l’insicurezza, la disarmonia, il disagio, un gaio impulso di disfacimento? Dove la sensibilità individuale è esasperata, e l’opinione di ognuno assume lo statuto di legge? E’ ancora possibile la fedeltà, il per sempre? Niente di tutto questo può verificarsi se non in virtù della grazia di Dio! Voi – cari Amici – siete la testimonianza visibile della grazia., la prova che il braccio di Dio non si è accorciato, e che la sua fedeltà non si è allontanata da noi.
3. La comune consacrazione
Quando un uomo o una donna si consacrano, rispondono di sì alla chiamata di Dio: l’iniziativa non è loro, loro è la risposta umile e generosa. Ma non siamo tutti di Dio? E non dobbiamo tutti donare noi stessi, la nostra vita a Lui? La vita cristiana non è forse vivere di Dio? Certamente sì. Dio, creandoci, ci ha dati a noi stessi, ma restiamo suoi: nella nostra libertà, tutti siamo chiamati a vivere nella linea di ciò che siamo: suoi.
Questo sì radicale a ciò che il Creatore ha fatto di noi, lo possiamo dire in modi diversi: l’uomo è un essere religioso, e questo istinto di infinito e di eterno a volte è vissuto in modo nascosto e quasi inavvertito in mezzo alla vanità quotidiana, nel groviglio dell’affermazione vitale e l’angoscia del dover morire. Per molti altri, invece, si esprime in modo più esplicito nel segno della fede cristiana, in un orizzonte di senso e nell’incontro con la luce di Cristo, che apre l’anima al mondo invisibile e reale, che sfugge ai sensi del corpo ma è toccabile con i sensi della fede. Un mondo abitato non da ombre ma da luci benefiche: la Madonna i Santi, gli angeli, le anime; un mondo che salva e abbraccia la terra, è la fa fiorire di bontà e bellezza.
4. La speciale consacrazione
Ma, infine, si dà anche il caso vostro: anime che raccolgono nelle proprie mani la loro vita – presente e futuro – e la depongono nelle mani del Dio che chiama e attira, che si svela e si nasconde, che è adorato e vicino. Sono anime che, da anime di religione, diventano religiose, affinché sia più chiaro a tutti che cosa è propriamente il cristianesimo: vivere consegnati al Mistero sempre più grande e pur sempre vicino come nessuno.Sono anime che vivono nel mondo ma in modo tale da ricordare che passa la sua scena, che la vera patria è l’eternità, che Dio è più che padre e madre, più che fratello e sorella.
Vocazione impossibile? Sì, impossibile agli uomini ma non alla grazia: vocazione che riflette la luce sul candelabro, anche se gli uomini non sempre si accorgono di questa luce che rischiara servizi umili e nascosti. Vocazione alta, che non può indurre a orgoglio perché dono dall’ Alto.
5. Umiltà e supplica
Le anime consacrate sanno – ma devono spesso ricordarlo – che la loro vita è la manifestazione esplicita e visibile di ciò che è nascosto in ogni vita cristiana, quale realtà segreta e umilmente velata: cioè, la chiamata a vivere di Dio, la chiamata al suo primato, alla sua gloria. In una parola ad amare Dio con tutto il cuore per poter amare i fratelli con il cuore di Dio.
L’insidia di scivolare nello spirito borghese, nella mondanità del pensare, nell’autoreferenzialità delle opere, nell’assillo senza fiducia, è una infedeltà a Dio e all’uomo. Ma anche a se stessi, che Dio vuole felici. Per questo la nostra lode al Signore diventa anche contrita preghiera, affinché Lui ci conceda la sua grazia, perché il lume sul candelabro non dia fumo troppo soffocante invece che limpida luce.
6. Madre e Regina nei secoli
La Santa Vergine, di cui abbiamo appena celebrato i 380 anni dell’incoronazione a Regina di Genova, ci conduca e governi secondo la parola del piccolo Gesù che tiene in braccio: ‘et reges eos’: Sì, Vergine Maria, Madre e Signora nostra, sii tu a guidare i nostri passi, a scaldare i nostri cuori, ad alzarci dalle nostre cadute e stanchezze. Questa antica cattedrale, che festeggia nove secoli dalla sua dedicazione (era il 1118), sia sempre più bella grazie anche a questo dono – monile prezioso e olio profumato – di cuori e di vite consacrate.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
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