È l’ora del risveglio

Omelia pronunciata in Cattedrale nella S. Messa della solennità di Pentecoste con le ordinazioni diaconali
04-06-2017
Arcidiocesi di Genova
Solennità di Pentecoste 4.06.2017
Ordinazioni diaconali
OMELIA
‘È l’ora del risveglio’
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
Il Signore benedice la Chiesa con tre ordinazioni al Diaconato in vista del Sacerdozio: due del nostro seminario e un religioso. La gioia di questo giorno è però velata dal nuovo attacco terroristico a Londra con vittime innocenti, ma anche dal grave episodio di panico a Torino che ha causato una folla di feriti. Per tutti preghiamo perché il Signore Gesù perché doni la sua pace e susciti propositi di pace.
I numeri delle ordinazioni sono piccoli rispetto al bisogno, ma la Provvidenza vuole far crescere la nostra fede, l’implorazione di vocazioni, la nostra capacità di camminare insieme.
Dobbiamo quindi ringraziare Dio che non abbandona mai la sua barca, anche quando sembra dormire! In realtà, mette alla prova il nostro cuore perché si rafforzi e cresca. Stiamo dimenticando che le prove sono un dono per crescere: sembra invece che tutto debba essere facile e dovuto, sia sul piano educativo che su quello religioso: ma, in realtà, la vita non fa sconti a nessuno.
Non li ha fatti neppure al Figlio di Dio, e Gesù non li ha fatti ai suoi apostoli. Quando promise il centuplo sulla terra a chi l’avrebbe seguito in modo radicale, promise anche persecuzioni e prove. La vita è seria, e così l’amore che vuol dire amare ed essere amati: cosa straordinaria che nessuno può far a meno di desiderare, ma che è anche impegnativa e dura! In questo orizzonte cari Davide, Francesco, Robert – state entrando per sempre. E le scelte senza ritorno il mondo oggi le teme ma ne resta affascinato, a volte segretamente invidioso, anche se esternamente le giudica insensate.
L’eco della Visita del Santo Padre Francesco è forte nelle anime nostre, nell’anima di Genova, e resterà. Le sue parole al Clero e alla vita religiosa devono accompagnare pensieri e azioni; per questo dobbiamo tornarci sopra. Oggi, nel mistero glorioso della Pentecoste, compimento della Pasqua, il Risorto rinnova in ciascuno la grazia dello Spirito Santo, ma in voi scende un nuovo sigillo che vi consacra in modo unico alla diaconia di Cristo.
Lo Spirito Santo – che invocato scenderà dal cielo come una fornace ardente – darà alla vostra vita la forma del dono radicale, così che da oggi l’anima del servizio dovrà segnare i vostri pensieri, sentimenti, scelte, azioni. Nessun frammento di tempo potrà più sottrarsi a questa impronta e ritirarsi nel vostro privato. Ciò non significa non aver più momenti di silenzio, spazi di solitudine, di ristoro; vuol dire che anche questi tempi voi li dovrete pensare e vivere in funzione del servizio, al quale oggi venite consacrati: servizio delle mense e servizio della parola.
Tra le molteplici forme, vorrei qui sottolineare quella della parola. Perché mi soffermo su questo? Semplicemente perché la carità, cuore del Vangelo, nasce dalla fede, e la fede nasce dall’annuncio di Cristo: scoprire che Dio è amore, e lasciarci amare dall’Amore, ci rende capaci di amare Dio e il prossimo fino all’eroismo, e di servire fino alla morte. Ecco la sorgente vera di ogni dono di sé, di ogni gratuità vera, del servizio senza servirsi, senza affermare se stessi, senza autocelebrazioni. Nasce dal primato della parola e dei sacramenti, luogo dove l’annuncio si fa carne e sangue, incontro, grazia, novità di vita. Il compito di annunciare il Vangelo vi fa araldi della verità, che è il mistero di Cristo con le sue ricadute sull’intero orizzonte dell’umana esistenza e del cosmo. Ma oggi annunciare la verità è un’impresa scomoda, a volte improba, aliena consensi, espone a critiche e non di rado a derisioni.
Anche l’Apostolo Paolo ha sperimentato questo, quando all’areopago gli ateniesi prima lo ascoltano incuriositi ma poi – allorché parla della risurrezione di Gesù – se ne vanno e lo coprono di scherno. E così è accaduto al Maestro quando, parlando della sua carne da mangiare, viene abbandonato dalla folla. Ma egli non richiama nessuno, anzi sfida i suoi apostoli. Anche a voi accadrà, ma non temete: se non avrete parlato di voi, sarà segno della fedeltà all’unica parola, Cristo, verità che abbraccia, purifica e compie ogni frammento di verità umana.
La cultura odierna non sopporta sentire cose diverse da quelle che si costruisce con le proprie mani, convinta che la civiltà sia da ripensare, e come se fossero da ridefinire anche le verità più elementari come la vita e la morte, l’amore e la libertà. Tuttavia – e ve ne accorgerete sempre di più – gli uomini hanno un desiderio segreto: sperano di incontrare qualcuno che aiuti la loro coscienza a risvegliarsi, a ridestare le questioni decisive dell’esistenza umana, del futuro oltre il tempo, del male che violenta ogni cosa. Hanno nel cuore la speranza di volare in spazi inviolati, là dove basta allungare la mano per toccare Dio. Viene alla mente il grido disperato di Giovanni Papini: “Io non chiedo né pane, né gloria, né compassione…Ma chiedo e domando umilmente in ginocchio, con tutta la forza e la passione dell’anima mia, un po’ di certezza: una sola, piccola fede sicura, un atomo di verità…Ho bisogno di un po’ di certezza, ho bisogno di qualcosa di vero” (Un uomo finito).
Quando sulla terra risuonano parole di verità, allora è come se le moltitudini parlassero la stessa lingua, come se le barriere culturali si abbattessero, come se i volti diventassero noti e fraterni, perché tutti riconoscono il linguaggio delle medesime domande.
Cari amici, è l’ora del risveglio: non vedete i segni di questo risveglio della coscienza? Sono ancora timidi forse, sembrano sparuti, ma il movimento è iniziato e non si fermerà. Quanto più l’umanità arretra da se stessa, tanto più le domande vere si ridestano, e la voglia di riscatto cresce. Su questo tornante del tempo, è nostro dovere esserci con la verità di Cristo: è nostro imperioso dovere certo, ma non meno grande è la gioia di esserci!
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
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