Omelia pronunciata in Cattedrale nella S. Messa in Coena Domini
13-04-2017
Arcidiocesi di Genova
Giovedì Santo 13.4.2017
OMELIA
‘Sacrificio di espiazione’
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
Il Giovedì Santo ci pone di fronte all’Eucaristia, mistero dell’amore di Gesù che rimane con noi. Dio sa che l’amore non si accontenta dei ricordi, ha bisogno della presenza: per questo ci dona l’Eucaristia, sacramento del sacrificio di Cristo e della sua reale presenza, convito di vita eterna.
Vorrei oggi fermarmi sull’aspetto sacrificale dell’Eucaristia, aspetto a volte dimenticato. Dio ha mandato il Figlio come vittima: ha donato la sua vita umana perché il mondo – riscattato dal peccato – avesse la vita divina. Questa è la nostra fede. Ma che cosa vuol dire?
1. Innanzitutto dice che il peccato è una cosa seria: ogni peccato, infatti, allenta il rapporto con Dio, e quindi ci allontana dalla vita. Diventiamo più deboli, più soli con noi stessi: anche se siamo nel fiore degli anni e delle energie, in realtà siamo meno vivi e più poveri. Quando ci allontaniamo dalla luce entriamo in ombre più o meno dense. Si staglia qui una prima domanda: se è veramente così per noi, oppure se la nostra coscienza si sta abituando al peccato, così da non sentirne più dispiacere. Non si tratta di cadere nello scoraggiamento, ma di non abituarci al male, alla tiepidezza, al compromesso morale. Prendere sul serio il peccato, infatti, significa prendere sul serio l’amore che Dio ha per noi. Se il senso del peccato è scarso sarà difficile sentire il bisogno di essere salvati, redenti. Da che cosa devo essere salvato? Tutt’al più dalle malattie e dalla povertà! Per il resto, avrò la sensazione di essere a posto. Nel clima odierno di radicale soggettivismo – per cui ognuno è norma morale di se stesso – è naturale sentirci giusti.
2. La seconda cosa da considerare è il sacrificio della salvezza. Come Dio ci è venuto incontro per liberarci dal peccato? Togliendolo di mezzo, come si fa con un impedimento che interrompe una strada, un ponte. Gesù, il Verbo incarnato, ha distrutto l’ostacolo consumandolo nel fuoco del suo amore crocifisso. E’ dunque questo il sacrificio di espiazione e di lode, la vittima di salvezza che elimina con l’amore ciò che ci divide da Dio.
Ma come Gesù ci salva? Come frantuma l’ostacolo, il muro di separazione? Subito viene da dire: con il sangue della croce. In realtà, la sofferenza cruenta è la misura esterna e tragica di quello che è il cuore del sacrificio: Gesù si fida e si affida al Padre fino all’estremo confine dell’umano, fino alla vertigine dell’abbandono, della radicale solitudine, fino ad accettare in modo sovranamente libero di soffrire e di morire per amore: ‘Tu non hai gradito né olocausti, né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà’ (Lettera agli Ebrei). Tutta la vita di Cristo è offerta gradita a Dio perché consegnata a Lui, alla sua volontà; ma la croce, anticipata dall’Eucaristia, è il vertice della vita fatta dono. L’ostacolo è stato rimosso, ed è nato l’uomo redento.
Cari Amici, partecipare alla divina Eucaristia, entrare nel suo mistero è tutto qui: entrare nella volontà di Dio ogni momento, fidandoci ciecamente di Lui, contando su di Lui, invocando con Gesù il Padre. La lavanda dei piedi, cornice del Sacramento Eucaristico, ne è una esemplificazione: prima che essere un atto fraterno, è un atto religioso. Separare la carità dalla fede è come separare il ruscello dalla sorgente. Il Signore Gesù ci doni di inginocchiarci davanti ai fratelli, vivendo ogni momento nella volontà di Dio. Sarà allora un atto di culto, un gesto di venerazione, perché vedremo in ciascuno il volto stesso di Cristo.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova