Come dei vasi di creta

Omelia pronunciata alla Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia il 28 luglio 2016 nella S. Messa celebrata per i giovani dell'Umbria
28-07-2016
G.M.G. Cracovia 28 Luglio 2016
Santa Messa per i Giovani dell’Umbria
OMELIA
‘Come dei vasi di creta’
Cari giovani Amici
La Chiesa è il ‘noi’ dei cristiani, diceva San Girolamo: è il prolungamento di Cristo nella storia, è il segno della misericordia di Dio nel mondo. La misericordia è Dio che porta il suo cuore accanto ai miseri, cioè a tutti noi che siamo miseri e indigenti perché fragili e peccatori. Gesù è il cuore di Dio, è Lui l’amore vicino ad ogni uomo, è Lui il Dio che si fa trovare. Potremmo desiderare di più?
Il profeta Isaia ci incanta con la suggestiva immagine del vasaio: il vasaio è Dio che ci crea, e la creta siamo noi. Ognuno è opera delle sue mani, ci modella con cura, prova e riprova fino a fare qualcosa di bello. Ma noi ci rendiamo conto di questa tenerezza? Sappiamo della bellezza che portiamo dentro, nell’anima, dove il sigillo dello Spirito ha impresso il volto di Cristo? Quel volto non può essere cancellato, come ben ricorda San Gregorio Palamas: ‘La creazione dell’uomo è fatta per Lui (Cristo), affinché l’uomo non possa separarsi dal suo modello’. E con parole che trafiggono come dardi, Sant’Atanasio scrive: ‘Dio si è fatto uomo affinché l’uomo potesse diventare dio secondo la grazia’. Per questo ‘il Verbo si è fatto carne, perché noi potessimo ricevere lo Spirito Santo’. E’ la fede che ci fa scoprire la bellezza che è in noi.
Ma allora perché – potremmo chiederci – non tutti i vasi sembrano essere così belli e riusciti? Perché noi stessi, a volte, ci sentiamo brutti? Nel corso dell’esistenza terrena tocca a ciascuno di noi far risplendere la bellezza ricevuta vivendo con gli stessi sentimenti di Gesù: imparando a pensare con il pensiero di Lui e ad amare con il suo cuore. E’ questa la vita spirituale; ed è questo il mistero della nostra libertà, di quella libertà senza la quale non vi può essere amore e bellezza. San Giovanni Paolo II scriveva: ‘Chiedere a un catecumeno: ‘Vuoi ricevere il battesimo?’ significa al tempo stesso chiedergli: ‘Vuoi diventare santo?- (…) E’ ora di riproporre a tutti con convinzione questa misura alta della vita cristiana ordinaria’ (Novo Millennio Ineunte, 31). Le imperfezioni e le crepe, che i nostri peccati ci procurano, non devono gettarci nello scoraggiamento e farci dire: non ce la farò mai. Non devono farci dimenticare che siamo sempre nelle mani del vasaio, e le sue mani non sono mai ferme: sono sempre pronte a sanarci e a rimodellarci.
Ma vi prego: non abbiate paura di rientrare in voi stessi, non fatevi ingannare dalle molte cose da fare, non lasciatevi catturare dalla fretta. La cultura della fretta ci avvolge, e il suo scopo segreto è di impedirci di pensare: oggi il mondo soffre di mancanza di pensiero e quindi si muove sull’onda degli impulsi e delle sensazioni. Tutto tende a distrarci da ciò che veramente conta, dall’essenziale. Ci distrae anche da Dio, nel quale pur crediamo: ‘C’è in te un silenzio – scriveva Romano Guardini – che si ascolta con l’anima. In questo silenzio l’ospite riposa, l’anima si risana’ (Lettere sull’autoformazione).
Il Vangelo porta avanti il messaggio del Profeta e lo compie nella grande visione di Gesù. La parabola del Regno, paragonato ad una grande rete piena di pesci, esemplifica il mistero della libertà che Dio ci dona e che rispetta. Egli è l’unico capace di rispettare fino in fondo la nostra libertà. Un rispetto che non è mai una forma di disinteresse – come può capitare tra gli uomini -, ma è sempre capace di richiamo benefico, perché capace di attrarci a Lui che è bellezza e incanto. Un rispetto, dunque, che non si impone alla nostra libertà e che non ci abbandona alle nostre scelte, ma sempre ci attrae con la nostalgia del bene. La responsabilità di ciascuno, però, resta. L’immagine del Vangelo è chiara: nella sconfinata rete vi è ogni genere di pesca, ma alla fine vi sarà il discernimento: i pesci buoni e quelli cattivi. L’amore non elimina la verità delle nostre azioni: esse sono o buone o cattive, e su questo il Vangelo non crea ambiguità. Le cose devono essere chiamate con il loro nome: il male è male e il bene è bene, pur sapendo che solo Dio – il grande pescatore nell’oceano umano – conosce il cuore di ogni uomo. Lo conosce anche quando noi stessi non riusciamo a conoscerci fino in fondo. Sapere questo non cambia la verità morale delle cose, come oggi si vuole, ma ci rende umili, e ci dona una fiducia immensa che non ci fa arrendere mai.
Cari Amici, se ci guardiamo attorno, vediamo fatti gravi e inquietanti che vorrebbero farci credere che il male è più forte del bene, e che è inutile lottare per la bontà, l’amore, la giustizia. Ma così non è! Il fronte del male morale o fisico, deve suscitare il fronte più grande di bene, della carità e della verità del Vangelo. Quel fronte siete voi! Toccherà a voi lottare per un mondo migliore: a voi che siete giovani, più che a noi avanti negli anni. Non abbiate timore, il Signore è risorto, vive tra voi, è con voi! Il sangue dei martiri di ogni età sostiene i vostri passi e incoraggia il vostro cuore. Avete davanti una grande sfida: è una sfida di fede testimoniata con l’umiltà dell’argilla, una fede che deve essere pensata per diventare cultura e informare la società e la storia. Una fede che non diventa cultura è monca, perde sapore e non sala la civiltà. Siano i vostri gruppi, le comunità cristiane, dei luoghi dove la fede è pregata, dove vi aiutate a vivere il Vangelo nel quotidiano, dove insieme pensate la fede nelle sue ragioni e nelle sue implicanze sociali. Siano dei continui, vivaci, creativi laboratori perché la speranza non venga meno nel mondo e la Luce, che è Cristo, possa meglio essere vista da tutti. A volte si sente dire che i cristiani dividono, e che credono di essere dei puri, di avere la verità in tasca. Nessuno è tanto sciocco o presuntuoso da pensare questo: ciò che non ci deve mai abbandonare è il desiderio, fino alle lacrime, di essere fedeli a Colui che è fedele a noi fino alla Croce, sapendo che nella fedeltà a Cristo sta anche la vera fedeltà all’uomo.
La Santa Vergine, la Grande Madre di Dio, ci accompagni nel pellegrinaggio della fede, e ci renda vasi umili e duttili, intelligenti e generosi, nella mani del supremo vasaio, il Signore Gesù.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
Presidente Conferenza Episcopale Italiana
 
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