Ci accorgiamo

Omelia tenuta in occasione della S. Messa del giorno nella solennità del Natale del Signore
25-12-2013
“Ci accorgiamo”
 
Omelia tenuta in occasione della S. Messa del giorno nella solennità del Natale del Signore
Cattedrale, solennità del Natale del Signore,
25 dicembre 2013
Gesù Bambino (25/12/2013)
Cari fratelli e Sorelle nel Signore
Nel cuore della Santa Messa di Natale, vogliamo seguire i pastori del presepe: “appena gli angeli si furono allontanati (…) i pastori dicevano l’un l’altro: andiamo fino a Betlemme”. Essi accolgono la voce degli angeli con umiltà e fiducia. In queste due virtù sta un grande segreto, un segreto che oggi noi – uomini del nostro tempo – dobbiamo riscoprire: sì, l’umiltà e la fiducia.
1. Dove ci ha portati, infatti, la presunzione? A stare meglio? A volerci più bene? Ad essere più umani? A costruire una società più giusta? Non sembra: la presunzione ci allontana dalla realtà e ci fa vivere in un mondo irreale dove noi siamo più intelligenti e capaci, dove gli altri sono guardati con sufficienza. E così diventiamo arroganti, vogliamo che il mondo giri attorno a noi, che i nostri desideri diventino legge: pretendiamo il guadagno massimo in tempo minimo, vogliamo il plauso. In questo modo si interrompe il dialogo perché si indebolisce la capacità delle relazioni, non si apprezza più il necessario impegno del dialogo, che non ha lo scopo di vincere ma di convincere, e costruire insieme il bene di tutti.
2. E poi i pastori hanno fiducia degli angeli. La cultura, invece, che risuona dalle diverse cattedre è il sospetto reciproco verso persone e istituzioni, come se tutto fosse inquinato in partenza e nessuno fosse ormai degno di credito. Come se tutti volessero sempre e comunque approfittarsi di noi, usarci e sfruttarci a loro vantaggio. Se i pastori avessero avuto questo atteggiamento verso i celesti messaggeri, avrebbero perso la gioia del Natale. Dove conduce la mancanza di fiducia? Conduce ad una convivenza malata, fatta di una diffidenza che porta a rinchiuderci ciascuno in noi stessi, dentro ad una cerchia ristretta di fedelissimi, come in un fortino che, in realtà, non può difendere nessuno perché o ci si salva insieme o tutti si affonda. Forse è anche qui una ragione della crisi che attanaglia ancora persone e famiglie, giovani in cerca di lavoro, disoccupati, anziani che tirano i giorni in compagnia della loro solitudine. I pastori ci insegnano che la via della gioia è un’altra: l’umiltà e la fiducia. Esse non tolgono nulla alla nostra dignità, non mortificano la nostra libertà, non ci rubano la vita. Non dobbiamo avere paura di questo! Dobbiamo temere gli atteggiamenti opposti. E reagire sia dentro di noi, sia verso una cultura falsa che avvelena il cuore perché vuole sfaldare la società; sfaldarla per sfruttarla meglio.
3. Con i pastori arriviamo alla grotta del presepe, e scopriamo la luce. Con loro vediamo un Bimbo, e ci accorgiamo che quel Bambino, bisognoso di tutto, illumina i nostri dubbi; ci accorgiamo che Lui, avvolto in poveri panni al freddo e al gelo della notte, in realtà riscalda i nostri cuori; ci accorgiamo che la sua povertà ci arricchisce e che la sua debolezza ci dà forza. Ecco l’esperienza dei pastori, l’esperienza che possiamo fare anche noi in modo sempre nuovo. L’esperienza della gente semplice e umile che ¿ grande popolo il nostro! ¿ fa ogni giorno vivendo il senso della famiglia, l’attaccamento ai propri doveri, la voglia di un giusto lavoro, l’eroismo giornaliero nella cura dei propri malati e dei vecchi, dei bambini propri o altri. Cari Amici, ricordiamolo: ci vogliono far credere che la gente è ormai sbandata moralmente e spiritualmente – è “moderna” come si dice -, che il Paese è marcio spargendo su tutto e su tutti fango senza che nessuno paghi mai per il male fatto alle persone, alle istituzioni e al Paese. Ma così non è. Se anche ogni giorno si sparge fango – il male esiste e nessuno lo nega – il bene c’è ed è enormemente più grande: è come la foresta che cresce ogni giorno nel silenzio anche se alcuni cedri cadono rumorosi.
Seguiamo i pastori, guardiamoli con simpatia. In loro possiamo scoprire noi stessi: anche se dovremo cambiare qualcosa di noi, guardando la loro semplicità e fiducia, scopriremo che è possibile. Anzi, con la grazia di quel Bambino, è anche facile e bello. E’ questo l’augurio che ci facciamo.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova
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