Omelia per la S.Messa Esequiale delle Vittime del Porto di Genova

08-01-2014
Omelia per la S. Messa esequiale delle vittime del porto di Genova 
 
Genova, Cattedrale di San Lorenzo,
15 maggio 2013
 
Sig. Presidente della Repubblica
Cari Confratelli nell’Episcopato
Autorità politiche, civili e militari
Cari Fratelli e Sorelle
 
La sciagura che ha colpito il nostro Porto ha lasciato incredula e stordita l’intera Città ma, soprattutto, ha ferito le famiglie delle nove vittime e dei quattro feriti. A tutti, militari e civili, va l’abbraccio affettuoso di Genova, della Capitaneria di Porto e della Marina Militare, l’abbraccio dell’intero Paese che – di fronte a tanto dolore – s’inchina, e invoca ché mai più accada. In questa cattedrale, siamo stretti attorno alle salme dei nostri fratelli – spiritualmente anche a chi è ancora disperso – per pregare il Signore della vita affinché le loro anime immortali siano accolte nella luce senza fine. E’ questa la nostra fede: la morte non è l’ultima parola su questo fragile tempo. La parola definitiva è la vita eterna, là dove incontreremo Dio e i nostri cari nell’abbraccio del suo amore; in Lui ritroveremo tutto il bene che abbiamo seminato nei giorni terreni. I legami d’amore e di amicizia, i doveri quotidiani, gli ideali nobili e veri per i quali spendiamo intelligenza e cuore, tempo e fatica, tutto è sottratto alla morsa del nulla e rimane per sempre. Sull’orizzonte del tempo brilla la luce della Croce: essa ci assicura che non siamo soli nel pellegrinaggio dalla terra al cielo, ci dice che Gesù è con noi sempre, specialmente quando il dolore bussa improvviso e impietoso alla nostra porta. La croce di Cristo è il varco attraverso il quale l’uomo sale a Dio, e Dio scende verso gli uomini con l’abbraccio della sua misericordia.
 
Proprio perché la vita è continuamente esposta, il Vangelo ci invita alla vigilanza cristiana: la vigilanza è il volto del bene, bene che ognuno è chiamato ad accogliere con riconoscenza e a compiere con generosità. Bene che riempie di bellezza e di gioia i nostri giorni: in casa, in famiglia, nel lavoro. Che cosa sarebbe la vita senza il calore della bontà che si fa dedizione e sacrificio, onestà e perdono? Sarebbe vuota e insopportabile. I nostri Amici sapevano tutto questo e lo hanno vissuto con semplicità profonda: ovunque, la bontà crea legami, crea una comunità di vita e di destino. Anche nel lavoro. Per questo la sciagura che ha percosso famiglie e amici, colleghi e istituzioni, deve diventare una prova della bontà di Genova, cioè della sua capacità di far crescere il suo tessuto umano e cristiano, sociale e lavorativo; trama di accoglienza operosa che rende più vivibile la vita e sopportabile il dolore. E’ un dovere che sentiamo nostro. Lo dobbiamo a questi fratelli che dal cielo pregheranno per i loro cari e per noi; lo dobbiamo ai loro familiari che abbracciamo con affetto grati per l’esempio di fede e di forza; lo dobbiamo a noi stessi, e lo dobbiamo a Dio che accompagna i passi del nostro peregrinare, e che un giorno sarà la nostra felicità piena e definitiva. Alle braccia materne della Madonna ai piedi della croce; a Lei, Regina di Genova, affidiamo i nostri fratelli, la Città, affidiamo il nostro Paese.
 
Angelo Card. Bagnasco
 
 
 
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