Omelia tenuta in occasione della Solennità dell'Immacolata
08-12-2013
8 dicembre 2013 – Solennità dell’Immacolata
Cari Fratelli e Sorelle
Grande festa la solennità della Madonna Immacolata, di Colei che da Dio fu preservata dal peccato originale e che corrispose nella libertà e nel merito a tanto privilegio. Grande festa poter ogni anno ritrovarci in questa splendida chiesa, che fu la prima al mondo costruita dopo la definizione del dogma nel 1854. Per tale ragione questa basilica assume un significato del tutto particolare nella Diocesi ed è particolarmente cara ai genovesi.
1. La nostra gioia è quella dei figli che contemplano la bellezza della madre: c’è da trattenere il respiro. La terra stessa, il cielo e l’universo rimasero attoniti e rapiti davanti al mistero della sua concezione immacolata, e – potremmo dire – si curvarono per accogliere Colei che Dio fece tutta bella e tutta luce. A Lei ci rivolgiamo con fiducia, perché ci doni di essere luminosi anche se non siamo trasparenti. A Lei chiediamo di benedire le nostre famiglie, i figli, il futuro di Genova. Non siamo forse qui per questo ogni anno? E ogni volta non ci presentiamo davanti alla sua maestosa e cara immagine sapendo che lei conosce il nostro cuore, lo sa leggere meglio di noi, anche quando noi non riusciamo a formulare le parole? Una madre non ha bisogno delle parole per capire i figli: le basta uno sguardo e tutto si svela. Così come ai figli basta essere guardati per sentirsi compresi, per sentire rinascere la fiducia, per riprendere la strada del bene e della vita. Sì, siamo qui per questo! E l’esserci insieme rafforza l’invocazione senza diminuire l’intensità del suo sguardo per ciascuno.
2. Ma, forse, ognuno ha anche una grazia speciale oggi da chiedere a Colei che tutto può presso il cuore di Dio: abbiamo formulato in noi la domanda profonda, quella che forse nessuno conosce perché a nessuno l’abbiamo confidata? Forse è qualcosa per noi, forse è qualcosa per altri: la coppia, i genitori, i figli, gli amici più veri. Forse riguarda un tormento dell’anima, la propria vocazione; forse un problema di salute, un affetto, forse il lavoro perso o che non si trova! Ognuno ascolti la sua anima e la presenti alla Madonna: Lei stessa deporrà il nostro segreto sull’altare e sentiremo come una fiamma benefica che sfiora, quasi una carezza. Oh se questa carezza la sentisse l’umanità dolente e inquieta! Se la sentissero i poveri e i deboli della terra che tanto spesso sono vicini anche a noi; se la sentisse la nostra Genova! Ne ha così bisogno di calore per sciogliere i nodi della vita sociale, per migliorare i rapporti, per uscire dai propri gusci e parlarci! Parlarci da amici? Sarebbe così bello! Ma almeno parlarci con rispetto e onestà, con la volontà sincera di affrontare i problemi e risolverli senza rincorrere interessi di parte, senza chiusure preconcette, senza contrapposizioni inutili. Parlarci per trovare strade vecchie e nuove che siano: l’importante è che siano efficaci.
3. Cari Amici, siamo qui per noi, ma non possiamo essere qui solo per noi: siamo la nostra Città, e nessuno può chiamarsi fuori dalle convulsioni e dai drammi che angustiano e rischiano di piegare tanti, giovani e anziani. Vorremmo che da questa chiesa uscisse un vento di calore e di tenerezza, che sfiorasse il cuore di ciascuno, che ispirasse pensieri liberi e positivi, che riaccendesse la speranza, perché senza muore l’uomo, ma anche muore la società. Cominciamo noi tutti ad essere una presenza di speranza là dove viviamo, senza pensare sempre a chi tocca per primo. Dobbiamo rompere certi schemi, uscire da meandri angusti che vorrebbero farci vivere per noi e per pochi. Ma se viviamo per pochi, in difesa, la nostra esistenza sarà “poca cosa”. Dio ha fatto di Maria cose grandi, e vuole farle anche con noi. Accogliamo allora la forza della sua materna carezza.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova