Omelia in occasione del Pellegrinaggio delle Diocesi della Liguria a Roma

10-11-2013
 10 novembre 2013
Cari Pellegrini della Liguria,
viviamo la grazia di celebrare la divina Eucaristia accanto alla tomba dell’Apostolo Pietro e vicini al suo Successore, Papa Francesco, che abbiamo avuto ieri la gioia di incontrare. Come vostri Pastori, abbiamo fortemente desiderato questo pellegrinaggio, segno di quella comunione che lega ogni Chiesa Particolare con la Chiesa di Roma, ma anche come segno dello speciale legame tra le Diocesi della Metropolia ligure.
La fede cristiana è quella dei Dodici, gli unici che hanno visto e ascoltato il Maestro, e che quindi sono la prima norma del credere: questa fede oggi la confessiamo qui, in questo luogo che parla di Pietro, al quale Cristo ha affidato in prima persona il compito di pascere il suo gregge: “pasci le mie pecorelle”. Qui la professiamo perché il Principe degli Apostoli la confermi e la renda più forte, più bella e contagiosa. Ieri, Pietro ha parlato per bocca del Santo Padre Francesco, ci ha incoraggiati ad essere discepoli gioiosi del vangelo. Quella parola fa eco àlla Parola di Dio che abbiamo ora ascoltato.
Dio è vita – è questo il messaggio del Vangelo – e chi crede in Lui vive con Lui e per Lui. Ma noi possiamo dire di vivere con Lui? Se il nostro cuore desidera sinceramente di fare le cose con Gesù, allora presto scopriremo che le facciamo per Gesù. Passare dal fare con Lui al fare per Lui, per amore suo, è un passaggio che ci dona Dio se glielo chiediamo. Ma noi desideriamo vivere nella sua compagnia, oppure preferiamo stare da soli, vivere per nostro contro per sentirci liberi? Vivere insieme al Signore che è Amore è un legame che ci libera da noi stessi e che ci insegna ad amare Lui e i fratelli, il mondo e la vita: ci insegna perché ci ama, e l’essere amati da Dio è la vera scuola dell’amore e della vita vera. Lasciamoci allora amare da Dio.
Ma vivere per Dio può scatenare la persecuzione: ecco la vicenda dei Maccabei nella prima lettura. I fratelli sono uccisi per la loro religione. Non li sorregge il loro coraggio o la loro forza, ma la fedeltà di Dio: essi, infatti, credono che Dio non li abbandonerà nelle sofferenze terrene, e li accoglierà oltre la porta della morte. E’ quanto scrive l’Apostolo Paolo ai cristiani di Tessalonica:
“Egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno”. Gesù è la fedeltà di Dio agli uomini, è il SI’ al mondo, è il cielo sulla terra, è la salvezza: la fedeltà di Dio ha preso la forma della croce di Cristo, ed è diventata luce e speranza, ponte verso il cielo e abbraccio all’umanità ferita. E noi come guardiamo le nostre croci quotidiane? Le vediamo attraverso la croce di Gesù, oppure con occhi malati? Le rifiutiamo interiormente, le vogliamo portare da soli? Allora tutto sarà pesante e insopportabile. Ma se le accogliamo come un riflesso della croce gloriosa, allora sarà diverso e le prove diventeranno feconde. Certamente abbiamo presenti gli splendidi crocifissi delle nostre
Confraternite liguri. Non sono un’esibizione né un gusto estetico, ma una lettura di fede: il legno secco della croce, irrorato dal sangue di Gesù, è diventato l’albero della vita, germoglia e fiorisce.
Cari Fratelli e Sorelle, i vostri Vescovi vi dicono grazie perché siete qui, perché avete risposto al nostro invito, perché volete bene ai nostri sacerdoti, perché collaborate nelle vostre comunità cristiane. Vi chiediamo di continuare a camminare insieme, portando i pesi gli uni degli altri,
perdonandoci a vicenda limiti e mancanze. Facciamo dei nostri sguardi un unico sguardo, facciamo dei nostri cuori un unico cuore: i nostri occhi guardino a Gesù e i nostri cuori battano per Lui. Le nostre Chiese saranno allora scuole di comunione e quindi centri di irradiazione del Vangelo.
 
Angelo Card. Bagnasco
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