La preparazione di un Santo

Omelia della S.Messa in occasione del 126° Anniversario della nascita di San Pio da Pietrelcina
25-05-2013
Pietrelcina,
25 maggio 2013
Eccellenza
Autorità
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore

È per me motivo di gioia partecipare a questa lieta ricorrenza, i 126 anni dalla nascita di San Pio da Pietrelcina. E ringrazio S.E. Mons. Andrea Mugione che mi ha fraternamente invitato a questa festa di famiglia. Questa terra si sente onorata per tale grazia; ma, come ogni dono, esso racchiude una responsabilità, affinché nulla, passando il tempo, venga disperso di tale benedizione. Ma non è sufficiente custodire i tesori del passato; è necessario ravvivarli con la nostra vita perché portino frutto di bene per tutti.
Nato nel 1897, entra nel convento dei francescani cappuccini nel 1903 con il nome di fra Pio da Pietrelcina, e diventa sacerdote nel 1910. La vita di P. Pio è nota a tutti: storia di miracolo, di stimmate, di interminabile confessionale. Ma anche di lotta con le potenze del male, di dolorose incomprensioni, di obbedienza a tutta prova, di umiliazioni. Così, nella umiltà della sua cella a San Giovanni Rotondo, Padre Pio ritorna alla casa del Padre nel 1968, mentre le stigmate – dopo cinquant’anni – scompaiono dal suo corpo.
Oggi, mi sembra che il ricordo della sua nascita terrena ci debba far pensare soprattutto alla sua infanzia, al tempo cioè della sua vita in questa terra. Come non pensare alla vita nascosta di Nazaret? Di Gesù fanciullo e giovane? E allora ci chiediamo: quale può essere il dono di questa celebrazione, di questo anniversario?
Innanzitutto, il grembo familiare dove Francesco Forgione nacque: una famiglia semplice e solida, che vive con dignità grazie al proprio lavoro. I valori degli affetti familiari, dell’ onestà e del sacrificio, della fede e dell’amore alla Chiesa, si respirano nell’aria e la recita del Rosario quotino non manca. Quando nella famiglia – ieri come oggi – si prega insieme, tutto diventa più facile e bello, anche le croci che non mancano mai. Specialmente i figli sono segnati dall’atmosfera della casa dove si vive la fede, e dove l’amore si costruisce ogni giorno con pazienza e fiducia. Quanto la famiglia oggi sia insidiata è sotto gli occhi di tutti; ma indebolire la famiglia significa distruggere l’uomo e quindi disfare la società come comunità di vita e di destino, come comunità dove nessuno resta indietro o ai margini. Sta qui un primo, attualissimo insegnamento di questo anniversario. Tanto più che oggi la liturgia della Chiesa festeggia la Santissima Trinità, mistero di Dio che – pur essendo uno e unico – non è solitudine, ma comunione e, possiamo dire, famiglia, grembo di vita e d’amore. Non finiremo mai di parlare del Vangelo della famiglia, del suo ineguagliabile valore. Dio aveva posto il suo sguardo di predilezione sul piccolo Francesco, ma quello sguardo ha trovato il buon terreno della famiglia che prega, si vuol bene, lavora con dignità.
Un secondo dono mi sembra lo spirito di preghiera che il piccolo Francesco aveva. Si legge che ogni giorno – al mattino e alla sera – egli si recava in chiesa per “visitare Gesù e la Madonna”. Non è solamente il gusto della preghiera che egli ci testimonia con il suo esempio, ma il coraggio di questo ragazzo che – di fronte agli scherni dei suoi compagni – non si arrende. Anche questo è qualcosa di grande specialmente oggi in cui il rispetto umano, cioè la vergogna di dichiararsi cristiani e di comportarsi tali anche in pubblico, è diffuso sia negli ambienti di casa che di lavoro, nel tempo libero come nella vita sociale. Siamo richiamati ad essere cristiani coraggiosi non – come dice Papa Francesco – “cristiani da salotto”, al riparo dai giudizi altrui. Il mondo di oggi attende di vedere la nostra fede con umiltà ma anche con chiarezza, attende la nostra testimonianza coraggiosa: oggi – ricorda il Santo Padre – è ancora di più tempo di martiri.
Inoltre, mi piace mettere in luce un aspetto che da subito ha segnato l’anima del piccolo Francesco e che accompagnerà tutta la vita di Padre Pio: il suo particolare amore per il presepe, cioè per il mistero del Natale di Gesù. Avvicinandosi il grande giorno, tutto cresceva nel fervore dell’attesa e della preparazione del presepio: semplicissimo, nella cucina di casa, con i lumini a olio e le figurine di creta che lui stesso preparava con ostinata cura, la cura dell’ amore. Sono illuminanti le parole d’augurio che inviava: “Gesù bambino apporti al tuo cuore quella pace da te tanto desiderata (…) il suo amore incenerisca sempre più il tuo cuore e lo faccia palpitare tutto per Lui (…) Il celeste Bambino faccia sentire anche al tuo cuore quelle sante emozioni che fa sentire a me nella beata notte, allorché viene deposto nella povera capanna”. La predilezione del futuro fra Pio per il presepe rimanda all’amore di San Francesco per il mistero dell’Incarnazione: non è solo un soffio di poesia, che pure già riscalda il cuore dell’uomo contemporaneo che sente il bisogno di essere preso e sollevato sulle ali della bellezza. Si tratta molto di più di contemplare il mistero che sta all’inizio della nostra salvezza, il mistero di Dio che ha varcato le porte del cielo ed è sceso sulla terra per stare con noi. Si tratta del lieto annuncio che nessuno è più solo in questo mondo, ma che tutti siamo figli e fratelli; che la terra può essere una comunità di giustizia e di pace; che nella misteriosa notte di Betlemme la luce è apparsa, ed ha rischiarato le tenebre per sempre, l’oscurità dell’anima; che la tenerezza di un Bimbo riscatta ogni violenza dell’universo. Ecco l’amore al presepe! E’ la fede dolce e forte nel Dio-con-noi, l’Emmanuele.
Infine, l’amore alla Madonna! Un amore che sa d’infanzia, certo, ma che fa intravedere la convinzione e il vigore dell’adulto: “Esiste una scorciatoia per il Paradiso? Sì, è la Madonna”. Non è solo una devozione, è un programma di vita, è un programma di santità. Cari amici, cambiano i tempi, ma il cuore dell’uomo è sempre uguale. Sempre ha bisogno della tenerezza materna: di poter ricorrere a lei per confidarsi, per trovare conforto, per ritrovare fiducia e coraggio. Chi più della Madre di Dio e nostra? La Santa Vergine è l’ancora nella bufera, il porto nella fatica, la stella che orienta, lo sguardo che comprende, la mano che rialza e accompagna. In qualunque situazione ci troviamo, non dobbiamo scoraggiarci né temere: guardiamo a Maria. Oggi celebriamo la nascita di San Padre Pio. Se potesse farci sentire la sua voce, penso ripeterebbe le parole che tante volte ha detto ai suoi penitenti: “Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario”. Sì, anche noi vogliamo ascoltare queste parole, e lasciarle scendere benefiche nelle nostre anime.

Angelo Card. Bagnasco
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