Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,
la pace e la gioia di Gesù siano con voi!
Come ogni anno scrivo a voi, famiglia che Dio ha donato alle mie cure di Vescovo. Busso con discrezione alla porta delle vostre case, ma ancor più a quella del vostro cuore, per dirvi una parola di vicinanza e di benedizione. Il segno è piccolo – una breve lettera – ma vorrei che sentiste l’affetto di un Padre. La lettera più bella, però, sono i vostri sacerdoti: essi sono sempre accanto a voi per parlarvi di Gesù, per celebrare i sacramenti e per testimoniare la carità di Dio.
L’Anno Sacerdotale
Il Papa, Benedetto XVI, ha indetto l’Anno Sacerdotale in occasione dei 150 anni dalla morte di un santo Sacerdote, san Giovanni Maria Vianney, conosciuto come il Santo Curato d’Ars. Vissuto in anni molto difficili, dal 1756 al 1859, fu parroco nel piccolo paese francese di Ars. Con la preghiera, la penitenza e la carità, convertì al Vangelo la sua parrocchia, e da tutta la Francia gente di ogni categoria corse ad incontrarlo per conoscerlo, ascoltarlo, confessarsi da lui. Le cronache dicono che confessava anche sedici ore al giorno! La sua vita sacerdotale è dunque un grande esempio per noi sacerdoti che confidiamo nella sua preghiera dal Cielo. L’Anno Sacerdotale è dunque un’occasione per riscoprire la bellezza del nostro sacerdozio e la responsabilità che ne consegue. Ma è un’occasione anche per tutto il popolo cristiano al fine di ripensare la preziosità dei nostri preti, e del loro ministero come Pastori delle comunità. Vi chiedo di pregare per loro, per la loro santificazione: se saranno santi, anche i credenti saranno migliori, discepoli autentici di Gesù, testimoni coraggiosi del Vangelo, missionari della Speranza. Ma vi chiedo anche di star loro vicini, di aiutarli con discrezione e generosità, di crescere nella partecipazione responsabile alla vita della Chiesa. La sorgente di tale corresponsabilità è il Battesimo: esso ci rende figli di Dio e fratelli in Cristo, abilita a partecipare, insieme ai Pastori, alla vita e alla missione della Chiesa nel mondo. Voi sapete che il criterio di questa attiva partecipazione è la comunione ecclesiale che deve essere sempre custodita e accresciuta. Come è bella la Parrocchia che è “una comunità di fede e una comunità organica, ossia costituita dai ministri ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco – che rappresenta il Vescovo Diocesano – è il vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 14)!
Il Sacerdozio battesimale
Ma il Battesimo ci configura anche a Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote. E l’Anno Sacerdotale deve essere anche il momento per riscoprire il grande dono del “sacerdozio battesimale”. Mi sembra di sentire una domanda: ma che cosa vuol dire in concreto? Vedo il sacerdote celebrare la santa Messa e so che solo lui può consacrare la divina Eucaristia, può parlare con l’ “Io” di Gesù: “questo è il mio corpo….questo è il calice del mio sangue…”. So che quelle parole sono efficaci solo se dette dal ministro di Dio: il mistero della trasformazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue del Signore si realizza solo al suono della sua voce. E allora? Che cosa posso fare io? che cosa posso aggiungere al mistero celebrato? Come posso entrarvi?
Ho detto che tutti i battezzati hanno la grazia e il compito di partecipare in modo attivo alla Messa. E questo in virtù del Battesimo che li rende partecipi del Sacerdozio di Gesù in modo essenzialmente diverso rispetto ai ministri ordinati, ma reale. Le forme, ci ricorda il Concilio Vaticano II, sono molteplici: vanno dalle modalità esteriori a quelle interiori. Le troviamo guardando Cristo e la Chiesa. Essa ha il compito di custodire il tesoro della preghiera liturgica e guidarne la celebrazione e le forme. La Liturgia è un patrimonio nostro ma non proprietà nostra: deve essere celebrata come la Chiesa indica.
La partecipazione attiva alla santa Messa
Ritorna la domanda: come è possibile partecipare – prendere parte – all’Eucaristia. E’ sufficiente rispondere alle preghiere, cantare i canti liturgici, servire all’altare, portare le offerte per il sacrificio? E oltre a mettere tutta l’attenzione per l’ascolto della Parola di Dio, dell’omelia del celebrante, occorre qualcos’altro? Basta conoscere – cosa non scontata – la ricchezza del linguaggio liturgico: i colori, i paramenti, i vasi sacri, le feste, l’addobbo della chiesa…? Una tentazione può essere quella di credere che la partecipazione attiva consista nel fare o dire qualcosa, di far entrare in azione il numero maggiore di persone, il più spesso possibile. Invece dobbiamo andare oltre, quasi attraversare il “manto esterno” – pur necessario alla nostra umanità – per raggiungere il cuore della partecipazione. Io stesso, che celebro la Messa in quanto sacerdote, sono chiamato a parteciparvi in quanto battezzato, cioè come discepolo.
Mi sembra che sia la Liturgia stessa a rispondere attraverso un gesto semplicissimo ma di significato decisivo, quando il celebrante versa alcune gocce d’acqua nel calice del vino. Un gesto rapido e quasi sfuggente, ma che è il simbolo della nostra autentica partecipazione: essere una goccia d’acqua che s’immerge in quello che diventerà il Sangue preziosissimo di Cristo. In sostanza, il desiderio profondo, la decisione sincera di perderci in Dio, di affidarci anima e corpo, intelligenza e cuore, alla sua volontà, è il modo per entrare nel Mistero Eucaristico, per parteciparvi attivamene e rimanerne trasformati. Anche Gesù fece così. Davanti alla croce, egli si affida obbediente e amoroso al Padre: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu” (Matteo 26,39). Si consegna fiducioso fino all’estremo.
È questo dunque il modo vero e concreto, profondo ed efficace, della nostra personale partecipazione: è la trasformazione della nostra volontà nella comunione di volontà con Dio insieme a Cristo, l’unico Sacerdote sommo ed eterno. E’ unire la nostra povera vita, sempre bisognosa di misericordia e di grazia, a quella di Gesù perché, con Lui e per Lui, diventi un’offerta gradita, una cosa santa e sacra, piena di bellezza e di luce nonostante le ombre: “È questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente” (Romani 12, 1-2). E questo, solo ciascuno lo può fare per sé unito a Lui realmente presente nel sacrificio della Messa! Anche quando camminiamo per vie sconosciute e inattese, difficili e dolorose, dobbiamo farci piccola goccia d’acqua che si fida e si consegna all’amore del Padre: un’umile goccia d’acqua che si perde per ritrovarsi trasfigurata in Lui e portare nella nostra vita la novità di Cristo. Non siamo mai soli, Egli non ci abbandona mai!
Cari Amici, vi benedico con affetto e vi porto ogni giorno nella Celebrazione Eucaristica e anch’io, con i miei sacerdoti, mi affido alla vostra preghiera..
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo metropolita di Genova