Beata Eugenia Ravasco

Eugenia Ravasco nacque a Milano il 4 gennaio 1845, terza dei sei figli del banchiere genovese Francesco Matteo e della nobildonna Carolina Mozzoni Frosconi. Fu battezzata nella basilica di Santa Maria della Passione e ricevette i nomi di Eugenia, Maria. Nel 1848, dopo la morte della giovane moglie, il padre ritornò a Genova conducendo con sé il primogenito, Ambrogio, e l’ultima figlia Elisa, di appena un anno e mezzo.
Eugenia restò a Milano con la sorellina Costanza, affidata alle cure della zia Marietta Anselmi che, come madre vera, provvide alla sua crescita, educandola con amore e anche con fermezza. Eugenia, vivace ed espansiva, nella sua infanzia la ritenne sua mamma e si legò a lei di affetto tenerissimo. Nel 1852, si ricongiunse con la famiglia a Genova che da allora divenne sua sede definitiva. Qui conobbe lo zio Luigi Ravasco che tanta parte ebbe nella sua formazione, la zia Elisa Parodi e i suoi dieci figli con i quali visse per qualche tempo. Ma si affezionò particolarmente alla sorella minore, Elisa, riservata e sensibile, stabilendo con lei una profonda sintonia spirituale. Dopo tre anni, nel marzo 1855, morì anche il padre. Luigi Ravasco, banchiere e cristiano convinto, si prese cura dei nipoti orfani; provvide alla loro formazione ed affidò le due sorelle ad una governante qualificata. Eugenia, di carattere pronto e di indole esuberante, soffrì non poco sotto il regime alquanto severo della sig. Serra, ma seppe sottomettersi con docilità. Il 21 giugno 1855, nella Chiesa di Sant’Ambrogio (oggi, del Gesù) in Genova, a 10 anni, ricevette la Prima Comunione e la Cresima a cui si era preparata sotto la guida del Canonico Salvatore Magnasco. Da quel giorno si sentì attratta dal mistero della Presenza Eucaristica, tanto da non passare davanti ad una chiesa senza entrarvi per adorare il Santissimo Sacramento. Il culto dell’Eucaristia divenne uno dei cardini della sua spiritualità, insieme al culto del Cuore di Gesù e di Maria Immacolata. Mossa da innata compassione verso coloro che soffrono, fin dall’adolescenza donò largamente e di cuore ai poveri, ai bisognosi, ben contenta di fare per questo anche dei sacrifici. Nel dicembre 1862, Eugenia Ravasco perse anche l’appoggio dello zio Luigi. Da lui raccolse non solo l’eredità morale di grande rettitudine, coerenza cristiana e munificenza verso i poveri, ma anche la responsabilità della famiglia, ora nelle mani di amministratori non sempre fedeli. Non si perse d’animo. Confidando in Dio e consigliata dal Canonico Salvatore Magnasco, futuro Arcivescovo di Genova, e da saggi avvocati, si mise alla guida degli affari di famiglia. Non le riuscì invece di salvare il fratello dalla strada su cui si era messo e che lo portò alla rovina morale e fisica. Fu una sofferenza tra le più acute e anche una grande prova per la sua fede. In questo stesso periodo, la zia Marietta Anselmi avviò i preparativi per dare alla nipote un brillante futuro di sposa. Ma Eugenia pregava ardentemente il Signore di mostrarle la vera strada per lei. Avvertiva in sé desideri più alti.
Il 31 maggio 1863, nella Chiesa di Santa Sabina in Genova, dove era entrata per salutare Gesù Eucaristia, attraverso le parole del sacerdote che in quel momento parlava ai fedeli, Eugenia Ravasco ricevette l’invito divino a “consacrarsi a fare il bene per amore del Cuore di Gesù”. Fu l’evento che illuminò il suo futuro e le cambiò la vita. Sotto la guida del direttore spirituale, si mise senza riserve a disposizione di Dio, consacrando a lui, alla sua gloria e al bene delle anime la vita, le energie di mente e di cuore e il patrimonio ereditato dai suoi: “Questi denari — ripeteva — non sono miei, ma del Signore, io ne sono solo depositaria” (cfr Positio C.I., 70).
Sopportò con fortezza le rimostranze dei parenti e il disprezzo delle signore del suo ceto e cominciò con coraggio a fare il bene intorno a sé. Insegnò il catechismo nella sua parrocchia di Nostra Signora del Carmine, collaborò con le Figlie dell’Immacolata nell’opera di Santa Dorotea come assistente delle bambine del rione; aprì la sua casa per dare loro istruzione religiosa, e laboratori di cucito e ricamo. Come Dama di Carità di Santa Caterina in Portoria, assistette i malati dell’Ospedale di Pammatone e dei Cronici; visitò i poveri, recando il conforto della sua carità. Provava grande pena specialmente nel vedere tante ragazze e tanti bambini abbandonati a loro stessi, esposti ad ogni pericolo e del tutto ignari delle cose di Dio. Il 6 dicembre 1868, a 23 anni, fondò la Congregazione religiosa delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, con la missione di “fare il bene” specialmente alla gioventù. Sorsero così le scuole, l’insegnamento del catechismo, le associazioni, gli oratori. Il progetto educativo di Madre Ravasco era di educare i giovani e formarli ad una vita cristiana solida, operosa, aperta, perché fossero “onesti cittadini in mezzo alla società e santi nel cielo”; volle educarli alla fede e alla lettura dei fatti in prospettiva storico-salvifica, proponendo loro la santità come meta di vita. Nel 1878, in un’epoca di aperta ostilità alla Chiesa e di laicizzazione della vita sociale, Eugenia Ravasco, attenta ai bisogni del suo tempo, aprì una sua Scuola Magistrale “Normale” Femminile, con lo scopo di dare alle giovani un’istruzione cristianamente orientata e di preparare “maestre cristiane” per la società. Per quest’opera che le stava tanto a cuore, affrontò, con fortezza e fidando in Dio, gli attacchi velenosi della stampa avversa. Ardente di carità attinta dal Cuore di Gesù e animata dalla volontà di aiutare il prossimo, d’intesa con i parroci organizzò esercizi spirituali, ritiri, funzioni religiose e sacre missioni popolari, provando grande conforto nel vedere tanti cuori tornare a Dio e incontrarlo nella sua misericordia, e pregava: “Cuore di Gesù, concedetemi di poter fare questo bene e nessun altro, dappertutto”. Promosse il culto del Cuore di Gesù, dell’Eucaristia, del Cuore Immacolato di Maria; aprì associazioni per le madri di famiglia del popolo e per quelle benestanti. Raggiunse con la sua carità i moribondi, i carcerati, i lontani dalla Chiesa. Estese lo sguardo alle missioni, un sogno che si avvererà dopo la sua morte. Nel 1884, con altre consorelle, Eugenia Ravasco fece la professione perpetua. Si adoperò per lo sviluppo e il consolidamento dell’Istituto che, approvato dalla Chiesa Diocesana nel 1882, diventerà di diritto pontificio nel 1909.
Aprì alcune case filiali che visitò nonostante la malferma salute. Guidò la comunità con amore, lungimiranza e prudenza, ritenendosi l’ultima tra le sorelle; si impegnò per mantenere accesa nelle sue figlie la fiamma della carità e lo zelo per la salvezza del mondo, proponendo loro come modello i Cuori di Gesù e di Maria. Visse di fede, di preghiera, di sofferenza, di adesione alla volontà di Dio. “Bruciare del desiderio del bene altrui, specie della gioventù”, fu l’ideale apostolico; “Vivere abbandonata in Dio e nelle mani di Maria Immacolata” fu il suo impegno di vita.
Purificata con la prova della malattia, dell’incomprensione e dell’isolamento all’interno della Comunità, Eugenia Ravasco fino all’ultimo non si stancò di prodigarsi con passione evangelica per la salvezza delle anime, specie dei giovani di ogni età e condizione sociale. Nel 1892, ad un anno dalla “Rerum Novarum” del Papa Leone XIII, affrontò con notevoli sacrifici e umiliazioni la costruzione di un edificio in piazza Carignano a Genova, per farne la “Casa per le giovani operaie”. Nel 1898, due anni prima di morire, ancora per le ragazze lavoratrici fondò l’Associazione di Santa Zita. Contemporaneamente, fiduciosa nella provvidenza divina, costruì il “Teatrino” per i momenti di svago delle giovani dell’Oratorio e delle numerose associazioni dell’Istituto, ritenendo la gioia l’atmosfera educativa più efficace: “Siate allegre — ripeteva — divertitevi, ma santamente…”; e alle Suore: “La vostra gioia attiri altri cuori a lodare Dio” (dagli Scritti). Consumata nella salute, Eugenia Ravasco si spense a Genova a 55 anni, nella Casa Madre dell’Istituto, la mattina del 30 dicembre 1900. “Vi lascio tutte nel Cuore di Gesù” fu il suo congedo.
Nel 1948, il Card. Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, ne introduce la causa di beatificazione. Il 1° luglio del 2000, Anno Giubilare, il Santo Padre Giovanni Paolo II ne riconosce l’eroicità delle virtù, dichiarandola Venerabile. Il 5 luglio 2002, lo stesso Giovanni Paolo II firma il Decreto di approvazione del miracolo della guarigione della bambina Eilen Jiménez Cardozo, di Cochabamba, in Bolivia, ottenuto per l’intercessione di Madre Eugenia Ravasco.
fonte: www.vatican.va
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