L’Arcivescovo nel discorso di fine anno, in occasione del Te Deum: «Genova colga l’occasione di essere Città responsabile, solidale, accogliente e pronta a rinnovarsi»

Venerdì 31 dicembre nella Chiesa del Gesù, in occasione del canto di ringraziamento del Te Deum, l’Arcivescovo ha pronunciato il tradizionale discorso di fine anno rivolto alla Chiesa e alla Città.

Mons. Tasca si è soffermato sull’ impegno che ha intrapreso la Chiesa genovese, in sintonia con la Chiesa universale, nel cammino del Sinodo voluto da Papa Francesco “per favorire la partecipazione, l’ascolto, il confronto, il camminare insieme come metodo fondamentale che ci deve convertire. Non siamo isole. E da soli siamo inutili”.

Come cittadini e come cristiani, siamo chiamati a farci più responsabili di quei ‘punti di vista dal basso’ presenti nella nostra Genova: i poveri, i carcerati, gli immigrati, chi è dipendente dal gioco di azzardo, chi affronta disabilità fisiche e mentali. Senza dimenticare i giovani che guardano a un futuro incerto, gli anziani soli, le famiglie spezzate, le donne vittime di violenza, chi non ha una casa, chi non ha un lavoro, chi muore sul lavoro.

La pandemia – secondo l’Arcivescovo – ha accentuato ancora di più queste già assai numerose problematiche, e non ha dimenticato di sottolineare quanto siano importanti anche il mondo della scuola, le famiglie bisognose dell’appoggio della comunità cristiana e di politiche famigliari adeguate anche in ordine alla natalità, chi opera nei contesti sociali, chi lavora in porto o in fabbrica facendo battaglie per i diritti, la sostenibilità, il disarmo, chi lavora nell’assistenza sanitaria, chi si spende nel volontariato, chi si batte per una ecologia integrale, chi manda avanti le piccole realtà di quartiere e di paese, botteghe, imprese famigliari, locali di ritrovo e di sport, associazioni, assistenze, orti e parchi. Senza dimenticare le comunità immigrate “che arricchiscono la nostra società con altre culture, energie, sensibilità”.

Parla anche di “responsabilità che non ci stiamo prendendo” e di “esame di coscienza da farsi con fede per arrivare a scelte concrete” Mons. Tasca: “le troppe case e spazi che teniamo vuoti a fronte di un grande bisogno e di affitti troppo cari specie per i giovani; l’accumulo e la difesa di patrimoni – laddove ci sono – invece che l’investimento a beneficio della collettività, di progetti sociali e di lavoro giovanile… E intanto la “Mensa di città” prepara 500 pasti al giorno per i poveri!

La più grande minaccia di questa città secondo l’Arcivescovo non è solo diventare vecchia anagraficamente, ma permearsi di una mentalità dove il rinnovamento è difficile, dove si chiede autonomia senza responsabilità, dove ci si lascia pervadere dal soggettivismo e dall’individualismo.

“Come Pastore – ha detto Mons. Tasca – mi sento chiamato a dare voce, ma anche di conseguenza a denunciare le ingiustizie strutturali che fanno soffrire tante persone. Il Sinodo che abbiamo avviato vuole metterci in ascolto – e dovremo inventarne i modi – di tutte queste voci, delle realtà più fragili, complesse e lontane che non fanno notizia, non luccicano in vetrina”.

La più grande forza di questa città è avere tanta bellezza e umanità a portata di mano. Possiamo immaginare un mondo migliore perché abbiamo questa bellezza da svelare e accogliere.

“Nelle tante persone che incontro – ha sottolineato – trovo continuamente i semi di una speranza concreta, che se sapremo coltivare e diffondere, in dialogo con le altre comunità religiose e con le realtà vive di questa città, può darci orizzonti comuni di una Genova più felice, vivibile perché più fraterna”.

Il testo e l’audio integrali del Discorso pronunciato dall’Arcivescovo

 

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