Genova, Palazzo Ducale, sabato 27 novembre 2021
VI CONFERENZA NAZIONALE SULLE DIPENDENZE
I PROBLEMI CONNESSI CON LA DIFFUSIONE DELLE SOSTANZE STUPEFACENTI E PSICOTROPE
“OLTRE LE FRAGILITÀ”
Mons. MARCO TASCA – Arcivescovo Metropolita di Genova
(indirizzo di saluto del Vescovo)
Buongiorno, porto il mio saluto e il saluto del Presidente della CEI card. Bassetti alle Autorità e a tutti i presenti, senza dimenticare chi ha lavorato per rendere possibile questo momento.
Vi ringrazio per l’invito e vi auguro di lavorare al meglio, tenendo saldo l’orizzonte del bene comune e della persona prima di tutto.
Che cosa c’entra un Vescovo qui oggi? – potrebbe chiedersi qualcuno. Le dipendenze sono un grande tema, certo non solo italiano, che compromette la crescita, la maturazione, la piena realizzazione e la felicità di moltissimi ragazzi, giovani e adulti. Nel Vangelo, Gesù dice della sua missione tra gli uomini: “sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza” e per “non perdere neanche uno di quelli che il Padre mi ha dato”. Ecco allora che nel nostro essere Fratelli Tutti, sorelle tutte, siamo sempre chiamati a partire dai più fragili. Perché anche noi lo siamo. “Ama il tuo prossimo perché egli è come te” dice il testo originario. La vita ci rivela tutti fragili e la pandemia ci ha mostrato che nessuno può considerarsi al sicuro, arrivato.
Vorrei pormi in ascolto di quanto si rilegge e si prospetta oggi su queste tematiche, anche in nome di tutte quelle esperienze di prossimità alle dipendenze, che per varie ragioni qui non potranno avere voce. Credo fortemente che insieme agli studi e alle analisi sia sempre il terreno esperienziale, il punto di vista più “basso”, quello dal quale elaborare strategie e progetti. Infatti i dati e i processi, osservati e riletti nel tempo, mostrano spesso che nessuno ha una ricetta valida sempre ed ovunque, e che certe ricette non solo non migliorano, ma peggiorano una situazione; non guadagnano alla vita, ma abbandonano; non riaprono una porta, ma scavano più profondo il fossato.
Da Pastore e da cittadino, mi porto dentro alcune domande.
Siamo qui in ritardo di parecchi anni, nonostante una legge che prevede questa Conferenza ogni 3 anni. Guardiamoci negli occhi, senza paura e senza polemiche: che cammino vogliamo fare per il futuro della nostra gente?
E mi domando anche: come cambiano le dipendenze, rispetto alla narrazione mediatica e ai luoghi comuni? La droga ma anche l’azzardo, l’alcol, lo smartphone, i consumi compulsivi…
Il nostro “prete da marciapiede” (come amava definirsi) don Andrea Gallo, diceva spesso che “la dipendenza di sostanze, quali esse siano, è a nostro avviso un fatto strutturale e costitutivo
della nostra cultura e della nostra società. Così come il loro abuso. Così come la costruzione della devianza che su alcune di queste sostanze si è realizzata.” (…) “Condannando alla clandestinità i consumatori dipendenti, li si sospinge, soprattutto i più poveri, verso pratiche ad alto rischio di vita”.
Ancora, mi interpella la riflessione sul carcere e il suo impatto su chi vive le dipendenze. Cosa dicono i nostri studi sull’efficacia di questo strumento? Il sovraffollamento, in buona parte dovuto a questo genere di reati, sta realmente producendo una presa in carico e percorsi di reinserimento adeguati?
E al contempo come stanno oggi i servizi pubblici, i Serd e le comunità che si prendono cura delle persone tossicodipendenti con percorsi strutturati? Molte si dicono stremate da anni di disinvestimenti. La droga entra velocemente nella cronaca da telegiornale, ma le persone che la vivono, e chi se ne fa carico, invece no. E quando – magari per facile consenso – dall’alto si è dichiarato guerra ad un fenomeno sociale così complesso, si è finiti per combatterne le vittime stesse: le persone. Chiediamoci oggi: a chi giova?
Infine, vorrei fare appello perché tutte le componenti sociali ed ecclesiali si sentano riguardate da questa Conferenza Nazionale. I tabù non servono più a nessuno. Paul Freire diceva: “Nessuno si libera da solo. Nessuno libera un altro. Ci si libera tutti insieme”. Affrontare con decisione e strategia le dipendenze significa “collaborare con tutte le forze sociali ed esigere il coinvolgimento degli enti locali e delle altre agenzie educative (famiglia, scuola, chiesa, sport…)”. Significa “con una partecipazione democratica, sviluppare politiche giovanili e promuovere spazi di socializzazione per i ragazzi delle periferie, dei centri storici, delle città” (cit. don Gallo).
Dopo tanti anni possiamo credo convenire che la coercizione terapeutica non può essere una soluzione, come anche la riduzione del danno fine a se stessa come “normalizzazione” del consumo. Punire o lasciare a se stesso il fenomeno sono due facce della stessa medaglia: quella della rinuncia a farsi carico di persone nella loro marginalità e fragilità, nelle loro potenzialità e talenti. Occorre invece un approccio che cerca di farsi vicino sulla strada a chi sta male, anche quando non è ancora in grado di sviluppare una domanda chiara di cambiamento. Invece di fare terra bruciata, aiutare le persone a fare piccoli cambiamenti secondo una scala di obiettivi graduali, primo fra tutti “vivere ovvero non morire”. Il cristiano è colui che ha un amore così grande per l’umano, da accogliere e accompagnare la fragilità anche quando è ancora ambivalente, anche se ricade.
L’approccio deve essere integrale. Non è più tempo di fare compartimenti stagni, o adottare approcci che si sono rivelati fallimentari. Come ci insegna Papa Francesco, confrontiamoci e lavoriamo insieme senza ristagnare nelle posizioni assolute, ma dialogando sinceramente e utilizzando il “discernimento”, per trovare vie che superano contrapposizioni sterili, più concrete e più umane nella cura delle fragilità e delle disuguaglianze.