Secondo la tradizione araldica della Chiesa cattolica, lo stemma di un Arcivescovo Metropolita è tradizionalmente composto da:
- uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, da particolari devozioni o
da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altre particolarità; - una croce doppia, arcivescovile (detta anche “patriarcale”) con due bracci traversi all’asta, in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
- un cappello prelatizio (galero), con cordoni a venti fiocchi, pendenti, dieci per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.4), il tutto di colore verde;
- un pallio bianco con crocette nere, posto sotto lo scudo;
- un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero.
Per questo stemma è stato adottato uno scudo di foggia “gotica”, frequentemente usato nell’araldica ecclesiastica mentre la croce patriarcale d’oro è “lanceolata” , con
cinque gemme rosse a simboleggiare le Cinque Piaghe di Cristo. Descrizione araldica (blasonatura) dello scudo dell’Arcivescovo Tasca.
“Trinciato di rosso e d’oro: nel 1° al libro aperto dello stesso, caricato delle lettere Alpha e Omega del primo; nel 2° a un pane al naturale; col capo d’argento, caricato di
un destrocherio di carnagione, attraversante un sinistrocherio vestito, posti in decusse, con le mani appalmate, stimmate di rosso, uscenti da una nube e attraversanti na croce, il tutto al naturale”
Il motto:“OSTENDE NOBIS PATREM” (Gv 14,8)
Queste parole, scelte da padre Marco per il proprio motto episcopale, sono tratte dal Vangelo di Giovanni laddove lo stesso narra del congedo di Gesù dagli Apostoli e, particolarmente, riporta le parole di Filippo che, rattristato dall’imminente abbandono di Gesù per ritornare al Padre, condizione affinché anche i discepoli possano a loro volta conoscerLo, nell’estremo tentativo di trattenere il Maestro gli dice che potrebbe far vedere loro il Padre senza abbandonarli.
Interpretazione
Gli ornamenti esterni caratterizzanti lo stemma di un Arcivescovo Metropolita, oltre ai venti fiocchi verdi pendenti ai due lati dello scudo, sono la croce astile arcivescovile e il pallio. Tale croce, detta anche “patriarcale”, a due bracci traversi, identifica appunto la dignità arcivescovile: infatti, nel XV secolo, essa fu adottata dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi. Alcuni studiosi ritengono che il primo braccio traverso, quello più corto, volesse richiamare il cartello con l’iscrizione “INRI”, posto sulla croce al momento della Crocifissione di Gesù. Il pallio è un paramento liturgico, tipico degli Arcivescovi
con giurisdizione metropolitana, cioè di Arcivescovi che presiedono una provincia ecclesiastica con una o più diocesi, chiamate suffraganee. Secondo alcune interpretazioni, esso rappresenta l’agnello portato sulle spalle, dal Buon Pastore e le due strisce terminali di seta nera simboleggiano gli zoccoli.
È l’Agnello immolato sulla croce per la salvezza dell’umanità intera; questo spiegherebbe l’uso della lana, delle sei croci decorative e delle tre spille, le acicula, raffiguranti i tre chiodi della croce di Cristo, che vengono infilate nel pallio durante le celebrazioni.
Tale paramento è il simbolo di un legame speciale con il Papa ed esprime inoltre la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il metropolita acquista di diritto nella propria giurisdizione.
L’ oro è il primo tra i metalli nobili, simbolo quindi della prima Virtù, la Fede: infatti è grazie alla Fede che possiamo comprendere il messaggio d’amore e di salvezza.
Il rosso è il colore dell’amore e del sangue.
Su essi campeggiano la Parola di Dio, qui simboleggiata dal libro aperto della Sacra Scrittura con le lettere greche Alpha e Omega; e un pane spezzato, memoriale eucaristico della rinnovata alleanza tra il signore e l’umanità, richiamato dall’evento di Emmaus.
Il libro del Vangelo aperto e il pane spezzato sono anche un richiamo implicito alla spiritualità della famiglia da cui padre Marco proviene, ovvero la Famiglia Francescana, particolarmente segnata dalla figura di Sant’Antonio di Padova. “Vangelo e carità” sono una perfetta sintesi dell’esperienza del Santo, Doctor Evangelicus e amico dei poveri.
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