“Invochiamo il Signore della vita”

Omelia pronunciata nella Chiesa dell'ospedale San Martino nella S. Messa a porte chiuse per i malati di Coronavirus
22-03-2020

Arcidiocesi di Genova

Domenica 22.3.2020

Ospedale di San Martino

OMELIA

“Invochiamo il Signore della vita”

Cari Fratelli e Sorelle che seguite attraverso i mezzi di comunicazione, sono venuto qui, nell’Ospedale Policlinico di San Martino, il più grande della Liguria, che in questo momento è messo a dura prova perché accoglie il numero più alto di ammalati di coronavirus nel nostro territorio. Da questo luogo, desidero raggiungere tutti gli ospedali e i luoghi di ricovero e di cura diffusi a Genova e in Regione.

Vorrei che ciascuno mi sentisse vicino: non è in mio potere restituirvi la salute, ma vi porto la parola consolatrice di Gesù, parola che genera speranza e fiducia: la fiducia è il farmaco più importante per resistere e lottare.

Sono venuto per pregare con voi e per voi: per voi che siete colpiti dalla malattia affinché possiate presto guarire, per voi che vi prendete cura perché abbiate forza, per i vostri cari che sono in ansia, per i Responsabili della cosa pubblica perché abbiano saggezza e la collaborazione di tutta la Nazione. Preghiamo per i defunti perché abbiano la vita eterna, e per i familiari affranti per la perdita di persone care che non hanno potuto avvicinare. Ringrazio di cuore l’Assessore Regionale alla Sanità che ha condiviso questa mia visita; ringrazio le Istituzioni e le Autorità dell’Ospedale che l’hanno resa possibile. Grazie ai Padri Cappuccini, presenza storica che assicura a tutti l’assistenza spirituale. Il virus pandemico flagella il mondo, lo stringe in un abbraccio malefico che semina paura, malati e vittime; genera insicurezza e ha ricadute gravi sull’economia. Sembra che ci voglia allontanare gli uni dagli altri, e se questo è inevitabile per frenare il contagio, d’altra parte ci unisce l’abbraccio benefico dei cuori, dei pensieri, della preghiera. É un abbraccio invisibile e – terminato il furibondo assalto del morbo – rinasceremo più uniti e più saggi, ci accorgeremo che avremo riscoperto ciò che vale, e che smaschera la vanità diffusa, l’apparenza, la smania della chiacchiera inutile e vuota. Ne usciremo risorti perché più umili.

Questo tempo di travaglio ci riconduce brutalmente al nostro essere piccoli e fragili; ci ricorda che la presunzione di essere invincibili, a volte fino all’arroganza tra singoli, gruppi, Stati, Continenti, non fa bene all’uomo e a questa splendida terra che il Creatore ci ha dato come casa comune. Risorgeremo, e il nostro spirito porterà un sigillo che non dovremo dimenticare, perché il comune pericolo ci avrà fatto pensare! Avremo rivisto il nostro modo di vivere, saremo più liberi da stili che – più che scelti – sono imposti dal consumo e dall’interesse. La sobrietà, la semplicità, la benevolenza, la gratitudine per il dono della vita, per la grazia degli affetti, della fede in Dio, dei rapporti che tanto ci mancano in questi tempi, della famiglia a volte disattesa, la coscienza della bellezza di amare e di essere amati, di curarci degli altri e di essere presi in cura … fanno parte di quella rinascita che desideriamo, che è nelle nostre mani se le mettiamo- le nostre – nelle mani di Dio. Tutti un giorno ci presenteremo al Creatore, e Gli diremo se abbiamo lottato … lottato per il bene. Ma lasciate, cari Amici, che, da questo singolare pulpito, rivolga a nome mio, dei malati e di tutti, una parola di ammirazione e di vivissima gratitudine ai medici, ai ricercatori, agli infermieri, agli amministrativi, e a ogni operatore: ogni giorno sono in trincea e lottano con un nemico invisibile e ancora poco conosciuto. Sappiamo che non amate essere senso del dovere vi spinge a fare ciò che fate, a resistere compatti, a sostenervi nelle forti pressioni emotive; ma sappiamo altresì che voi sentite il vostro dovere come missione, e questo sprigiona energie ulteriori, una capacità di sacrificio e di rischio per il quale il Paese vi ammira e vi ringrazia.

Auspichiamo che siate accompagnati considerati “eroi”: il – per responsabilità verso di voi, le famiglie e verso i nostri malati – con tutti i mezzi necessari e sufficienti, affinché i risultati premino la vostra professionalità e abnegazione. Come non ricordare anche tutte le Forze dell’Ordine? Anch’essi, donne e uomini umili, professionisti dell’altruismo, adusi al dovere, si espongono nelle nostre strade, nei vicoli, nelle piazze e in ogni dove, in circostanze ordinarie e straordinarie, per vegliare e presidiare la sicurezza comune. Di solito siete fuori dalla luce dei riflettori, ma la società sempre più vi sente come amici affidabili e sicuri. Insieme agli operatori sanitari, e a quanti altri assicurano servizi essenziali, vi sentiamo vicini, e vorremmo che vi sentiste ricambiati con la nostra simpatia e gratitudine, e anche con le nostre preghiere. Cari Fratelli e Sorelle, tutti, in qualche modo, siamo attorno a questo altare: Gesù verrà nell’Eucaristia del suo Corpo e del suo Sangue, cibo di vita eterna, pegno di misericordia, forza nella prova: la speranza non deve ammalarsi, e il virus non deve contagiare i cuori!

Preghiamo per tutti e alziamo lo sguardo: in questa chiesa, cuore dell’ospedale, nelle vostre stanze, nei laboratori, nei reparti di terapia intensiva, nelle sale operatorie ognuno alzi lo sguardo dell’anima verso l’alto. Guardare le cose solo in orizzontale, ci fa vedere una vita piatta, senza sbocco. Quando l’uomo tocca la sua vulnerabilità, più facilmente alza gli occhi verso il Signore: non è un rifugio magico o un gesto di opportunismo religioso, ma è semplicemente seguire l’onda del cuore, piccolo sì, ma fatto per l’infinito, per Dio. Nessun muro può nascondere il cielo: come il cieco del Vangelo, chiediamo a Gesù di poterLo scorgere accanto a noi, di vedere le cose che contano per la vita terrena e per quella eterna. Nessuno è solo a lottare: spalancate le porte al suo amore, chiediamoGli con fiducia il dono della salute, di superare la prova, di tornare alle nostre case, con i nostri cari. Guardiamo il cielo, allora potremo scoprire negli altri dei fratelli e delle sorelle, figli tutti del Padre celeste: solo uniti, possiamo resistere, vincere, … preparare il domani.

La Grande Madre di Dio, Regina di Genova, venerata nella nostra Liguria nelle forme e con i titoli più teneri, ci raccolga sotto il suo manto di misericordia, di salute e di pace. Amen.

Angelo Card. Bagnasco

Arcivescovo Metropolita di Genova

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