“La fede eleva l’uomo fino al cuore di Dio”

Omelia pronunciata sabato 28 settembre 2019 in Cattedrale nella S. Messa di apertura del nuovo anno pastorale
29-09-2019

Omelia pronunciata sabato 28 settembre 2019 in Cattedrale nella S. Messa di apertura del nuovo anno pastorale

29-09-2019

Arcidiocesi di Genova

Sabato 28.9.2019

Inizio Anno Pastorale

‘La fede eleva l’uomo fino al cuore di Dio’

Cari Fratelli e Sorelle nel Signore,

  1. Il primo passo del nuovo anno pastorale non è metterci in cammino, ma è fermarci attorno all’unico altare per partecipare al Sacrificio della nostra salvezza. Il primo passo, dunque, non è fare qualcosa, ma è lasciarci fare da Cristo, è arrenderci a Lui, è consegnarci alla sua volontà, ricordando che la prima e più alta forma di attività è la passività evangelica, quella che brilla in Maria a Nazareth e in Gesù sul Calvario. Nella loro sovrana consegna sta l’azione più grande, sta la nostra redenzione. La vera decisione del credente è non decidere, è questa la decisione più difficile e sublime, quella di lasciarci andare alla volontà divina, non opporci all’azione trasformante della grazia nell’esperienza della divinazione, della partecipazione alla vita stessa di Dio; è vivere con le vele spiegate e docili al soffio dello Spirito. E’ dentro a questo orizzonte che l’uomo nuovo è chiamato a rispondere con un interrotto e puntuale lavorio ascetico e morale. Senza la grazia, ogni sforzo della nostra volontà è disperante.

  1. Siamo qui per questo: il programma pastorale è sempre lo stesso, anche se ogni volta declinato in qualche aspetto. Il programma è Cristo! Sono tue le braccia che ci sostengono, che ci rialzano nelle cadute, che ci indirizzano verso la meta; sono tue le braccia che abbracciano le nostre debolezze e perdonano i nostri peccati; tue le braccia invisibili che ci elevano fino nel seno della Trinità e divinizzano l’umano. Lontani da Te la luce si spegne e l’universo è notte, tutto perde colore, la solitudine ci abita, solitudine che nessuna presenza umana può colmare poiché esterna a noi. Tu sei il tesoro nascosto che vuole essere cercato per farsi trovare, la perla preziosa che vale ogni rinuncia. Il tuo nome è Gesù, e noi ti vogliamo annunciare sui tetti.

L’Apostolo Paolo ci richiama alla centralità di Dio: ‘Combatti la buona battaglia della fede!’. La vera sfida in occidente è questa, è credere in Gesù e vivere di Lui: ma vivere secondo il suo esempio è troppo poco, Egli vuole vivere in noi per trasformarci in Lui; vuole, attraverso di noi, continuare ad agire nel mondo perché il mondo lo veda e possa essere elevato fino al cuore di Dio: ‘Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me’.

  1. Cari Amici, è questo il programma pastorale: vivere di Gesù per annunciarlo ovunque. Ma non è questo qualcosa di teorico, di poco pratico? Potremmo chiederci: che cosa è nuovo? La risposta è: Dio. Dio in Cristo è l’eterna giovinezza, il Nuovo che rende nuove tutte le cose. La vera novità non è inventare nuove strutture, organizzazioni, metodi, linguaggi, come oggi spesso si dice: ma è lasciarci rinnovare da Gesù, dalla sua grazia. Vorrei tradurre questo programma ricordando che la via della resa a Dio passa attraverso la preghiera personale e liturgica, la vita dei sacramenti, l’ascolto amoroso del Vangelo, il servizio umile e generoso nella comunità cristiana, agli indigenti, ai dubbiosi, agli sfiduciati, a chi è solo e preso dai mostri della solitudine o dell’angoscia.

Il sussidio di catechesi per gli adulti – che vi invito a leggere da soli o insieme in famiglia, con i vostri Sacerdoti, nei consigli pastorali, nei gruppi associativi – è anch’esso una via concreta. Ho pensato di presentarvi le piccole lettere pastorali di questi anni radunate con un filo logico. Accettatele come un piccolo atto d’amore del Pastore per il suo popolo. E’ troppo poco? E’ troppo modesto? Certamente sì, ma sono più contento, poiché Dio opera attraverso la piccolezza e, quanto più povero è lo strumento, tanto più Egli è impegnato ad agire.

  1. Il Vangelo ci presenta la nota parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro. Il senso è chiaro e ci indica la via regale della carità. La nostra Diocesi ha una grande tradizione di carità, le opere – nei decenni – si sono sviluppate secondo necessità antiche e nuove. Dobbiamo crescere, però, nella consapevolezza che la solidarietà evangelica non è innanzitutto risposta ai bisogni, bensì è frutto dell’amore che Dio ha per noi: è il suo amarci che ci rende capaci di amare come Lui. Anzi – molto di più – permette a Cristo di amare attraverso di noi! Nella luce della fede, le opere di misericordia non sono azioni morali ma corredentrici, opere cioè che rendono presente la redenzione per il mondo, la sua trasfigurazione. La carità nasce dunque dal cuore di Cristo, e nello stesso tempo è via che rivela la sua presenza nella storia, affinchè gli uomini non si fermino alla mano che si apre verso di loro, ma possano riconoscere Lui, il suo volto, la Luce inaccessibile presente tra le ombre. Per questo l’attività sociale non è il centro della Chiesa, ma la manifestazione della vita interiore. Oggi sembra che non conti la centralità dell’uomo interiore, ma la dimensione dell’opera esteriore.

Ecco perché la carità deve nascere dall’adorazione di Dio che nel Mistero eucaristico trova il vertice della presenza e la forza trasformante nella vita divina; il passaggio dell’acqua viva nei deserti della terra, la creazione nuova come pegno di un mondo dove il centro è il Dio trascendente e vicino.

Cari Amici e Figli, chiedo a tutti – sacerdoti, consacrati e laici – di immergervi in questa visione di fede dal quale scaturisce la fraternità e l’amore di Dio: il Signore attende come un mendicante che gli apriamo l’anima perché – come a Emmaus – possa entrare e cenare con noi nell’intimità che trasforma l’umano nel divino, e così Egli possa vivere in noi, e attraverso noi possa continuare a salvare l’umanità elevandola fino alla Trinità Santa.

Card. Angelo Bagnasco

Arcivescovo Metropolita di Genova

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