Quel bambino è l’unico salvatore del mondo

Omelia pronunciata giovedì 29 agosto 2019 nella S. Messa del pomeriggio al Santuario di N.S. della Guardia
29-08-2019
 Arcidiocesi di Genova
Solennità della Madonna della Guardia, 29.8.2019
Santa Messa del pomeriggio
OMELIA
“Quel Bambino è l’unico Salvatore del mondo”
                                                  
Cari Fratelli e Sorelle
La solennità della Madonna della Guardia va a concludersi: l’ora vespertina induce – davanti alla sacra immagine- alcuni pensieri che nascono dalla contemplazione di lei, la Grande Madre di Dio. Ogni anno veniamo qui come per rispondere ad un invito: vieni e stai un po’ con me. Queste parole echeggiano quelle di Gesù quando vide i suoi discepoli affaticati: “Venite con me in disparte e riposatevi”. Cari amici, le vicende della vita ci affaticano, e tutti abbiamo bisogno di riposo: il Signore ci ricorda che il ristoro vero è stare con Lui, in sua compagnia. Ci crediamo veramente? Oggi, si pensa di ricuperare energie ma a volte ci si stanca ancora di più, ci si stordisce. In questo momento, ai piedi di Maria, nel cuore della Celebrazione Eucaristica, noi recuperiamo le forze dell’anima.
Che cosa ci dice la Grande Madre? Ci dice Gesù!, cioè ci presenta il suo divino Bambino. Non è solo il gesto dolcissimo di una mamma, ma è soprattutto l’offerta del Principe della pace, Colui senza il quale le nostre fatiche vanno a vuoto, sono destinate a poca cosa: molto sforzo ma poco frutto. Con Dio, invece, anche le piccole cose diventano grandi ed eterne, nulla va perduto: ogni sorriso come ogni lacrima, ogni parola come ogni silenzio, ogni sacrificio come ogni gioia. Pensare questo non ci dona forza e pace?
Chi è quel Bambino? Noi tutti lo sappiamo, abbiamo il dono della fede, piccola o grande che sia. Per questo lo riconosciamo e lo guardiamo con fiducia insieme alla Madre che lo porge: Egli è il Figlio eterno di Dio, che ha preso su di sé la condizione umana, la nostra carne mortale, e ha vissuto la nostra vita terrena. Perché mai questo? Forse pensiamo alla compassione che Dio ha avuto per l’umanità, fino a scendere dai cieli e venire accanto a noi nel tempo: chi ama condivide la vita dell’amato. Questo ci commuove e ci rallegra, ma è ancora troppo poco. Dio non si è fatto uomo solo per condividere ma per redimere, poiché è di questo che l’uomo peccatore ha bisogno: da sempre l’umanità cerca qualcuno che gli possa dire la parola che attende, che gli consente di riprendere il cammino della vita, di ritrovare fiducia, coraggio nelle prove, forza di essere migliore, la capacità di sacrificio, la dirittura morale. Una parola, che gli permetta di guardarsi e di volersi bene, di voler bene agli altri e al mondo: una parola che nessun uomo gli può dire e che neppure lui può dire a se stesso nonostante la presunzione diffusa. L’uomo di oggi cerca una presenza davanti alla quale possa piegare il capo, possa mettersi in ginocchio, intuendo che questo non lo umilia ma lo innalza perché risponde alla sua verità di creatura.
Qual è questa parola cercata e necessaria che ha fatto “scomodare” Dio fino alla terra? “Ti sono perdonati i tuoi peccati, va’ in pace e non peccare più”. Sono le parole di Cristo all’adultera: sono queste le parole che la restituiscono a se stessa, che le ridanno dignità e speranza, che le aprono il futuro. Queste parole solo chi è più grande dell’uomo può dirle: l’uomo moderno crede di autoassolversi, spesso neppure ritiene di peccare: peccato, parola “religiosa” oggi sostituita dalla più universale e neutra parola “errore”. Ma, nonostante tutto, il cuore sente che questo non gli basta.
Sta qui il perché dell’Incarnazione di Dio: non uno slancio di umana compassione, ma un atto di amore divino. Il Figlio di Maria non morirà di compassione, ma d’amore, e questo ci porta subito nell’orizzonte della fede: la semplice prossimità di Dio a noi non ci avrebbe salvato dal male che ci assale da ogni parte, che sta all’origine di tutti i mali che ci affliggono, e che il mondo dice di combattere con menzogne e contraddizioni folli. Anche noi cristiani rischiamo a volte una lettura riduttiva dell’Incarnazione di Dio nella storia, una lettura solidaristica e sociologica che oscura il peccato e svuota la croce. E’ questo il perché del Mistero che celebriamo, la buona notizia da annunciare al mondo: Gesù ha riaperto la porta del cielo, quella porta che nessun uomo poteva aprire. Dio è sceso fino a noi non per restarci, ma per elevarci fino alla vita divina, oggi e per l’eternità. Fuori da questo, il cristianesimo è ridotto ad amore fraterno, ad assistenza, a non violenza, e le opere buone rimangono opere etiche ma non corredentrici, cioè azioni di Cristo che vive in noi e opera con noi. La croce di Dio abbraccia tutto il bene del mondo, ma lo purifica e lo eleva grazie al sangue versato da Dio. E genera uomini nuovi, cittadini di un mondo nuovo che ci chiede di renderlo visibile a tutti.
Cari Amici, la Madonna continua a porgerci il Bambino Gesù: è mite e fragile come ogni bimbo, ma è l’unico Salvatore del mondo, il Principe della pace.
                                                                                                     
                                                                                                     Angelo Card. Bagnasco
                                                                                 Arcivescovo Metropolita di Genova
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