“Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”

Omelia pronunciata nella S. Messa per la Natività di San Giovanni Battista, Patrono di Genova
24-06-2019
Arcidiocesi di Genova
Lunedì 24/06/2019
Natività di San Giovanni Battista, Patrono di Genova
 
Omelia
 
“Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”
 
Cari Fratelli e Sorelle,
queste parole descrivono San Giovanni Battista, nostro Patrono.
La sua vita è tutta qui. Qui sta la sua missione e la ragione del suo martirio: Egli si è fatto voce della Parola, lucerna della luce, mai ha ceduto alla tentazione di mettersi in primo piano, lo ha sempre escluso: non sono io la luce.
La sua figura ci fa riflettere e crescere nella fede.
 
1.    1.  In primo luogo, egli è il precursore di Cristo, e noi tutti siamo chiamati ad essere piccoli araldi del Vangelo. Ciò è possibile se in noi arde il fuoco della fede, se Gesù è la ragione della nostra vita, se il nostro modo di vivere porta in sé una differenza oppure è uniforme a quello dominante. E’ utile ogni tanto porci la domanda: se non credessi in Dio, cambierebbe qualcosa nella mia esistenza, nel mio modo di pensare, di amare, di lavorare, di rapportarmi con glialtri? I due discepoli che fino a quel momento seguivano Giovanni, hanno seguito Gesù per vedere dove abitava, sono rimasti con lui tutto quel giorno, lo hanno interrogato, ascoltato, osservato e hanno cambiato la vita.
Erano persone normali, con il loro lavoro, buone, ma l’incontro con quell’uomo misterioso li ha cambiati e da quel momento hanno vissuto in modo diverso. Ciò che è accaduto in loro non è stato solo l’abbandono del lavoro, della casa, delle abitudini, bensì è cambiato qualcosa dentro di loro, un modo diverso di vedere il mondo e di fare le cose. Gesù non ha chiesto a tutti di cambiare le occupazioni di sempre, se queste erano buone, ma di vedere tutto in modo nuovo non in forza di un’idea, ma in forza di Lui, del suo sguardo, della sua persona. Ed essi – tra alti e bassi – hanno aperto la porta a Lui, non perché li dominasse ma perché li elevasse, per farli partecipi dell’intimità di Dio, della sua stessa vita. Il Maestro non li ha portati in un mondo rattoppato ma in un altro mondo, fino a dire “Voi siete nel mondo, ma non del mondo”, come a dire che l’unico modo bello e vero di stare nel mondo è non esserne assimilati; che il mondo migliore per essere cittadini della terra è quello di essere cittadini del cielo; che per servire veramente gli uomini è necessario amare Dio, nonostante fragilità ma con cuore sincero.
 
2.   2.   C’è un altro insegnamento: Giovanni Battista non si ferma a indicare l’Agnello che riscatta le colpe degli uomini, ma ne proclama anche le conseguenze morali. E lo fa in un contesto storico e culturale che non era per nulla favorevole: egli ricorda la necessità della conversione, di abbassare i colli e spianare le valli, di una vita nella verità. A Erode ricorda pubblicamente che non gli è lecito tenere con sé la moglie di suo fratello. La figura austera e limpida del Battista oggi può apparire poco duttile, eccessiva, non accogliente, scostante rispetto alla liquidità generale. Tuttavia di lui Gesù disse: “Non vi è uomo più grande!”. Mi sembra che ci aiuti a riflettere su una duplice carenza.
A volte si predica un Gesù senza ricadute concrete sulla vita: un Dio talmente aereo che non disturba le nostre abitudini, i gusti individuali, le posizioni di comodo, le scelte che sono considerate buone a prescindere. Un Dio talmente compassionevole che ci ama senza verità, poiché l’amore è inteso solo come sentimento e la verità è sostituita con l’opinione. Ma un Dio che non ci dice come vivere, che non ci indica il bene e il male, può essere condiviso ma è irrilevante. Potremmo dire che a volte si parla di Dio senza conseguenze.
Altre volte, invece, si parla di una vita moralmente onesta, ricca di opere buone, ma senza parlare dell’origine, della Bontà che è sorgente di ogni bene particolare: quasi che il Dio Creatore e la sua rivelazione fossero non necessari per condurre una vita virtuosa, come se il soprannaturale fosse superfluo alla natura umana. Come se la grazia divina fosse un accessorio, di cui l’uomo può fare a meno e arrangiarsi da solo, come se la cultura avesse un bagaglio di valori a prescindere da Gesù, rivelazione di Dio e pienezza dell’uomo. A questo riguardo, l’esperienza insegna che i valori hanno bisogno di un fondamento vero e stabile, altrimenti l’eco del Vangelo – in una società secolarizzata – pian piano di affievolisce, il bene perde la sua forza cogente, la coscienza si allarga, il senso del dovere e del sacrificio si eclissa. Non dire che il fondamento delle opere buone, della virtù, del dovere è Dio significa affidarsi al soggettivismo che crea una società disumana.
Sia un Dio vago che non incide sulla vita, sia una morale senza Dio sono carenze diffuse nel nostri tempo e che insidiano tutti. San Giovanni testimonia che Dio entra nella concretezza dell’esistenza, e che il criterio sicuro del bene e del male è la sua Parola di verità e amore.
Cari Amici, c’è bisogno di questa duplice riflessione per ritornare a noi stessi, per non lasciaeci manipolare e condurre su strade illusorie che promettono molto ma che tolgono tutto.
 
Angelo Card. Bagnasco

 

Arcivescovo Metropolita di Genova
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