“Mistero di elezione”

Omelia pronunciata giovedì 16 maggio 2019 al Santuario di N.S. della Guardia nella S. Messa per la giornata di Santificazione del Clero
16-05-2019
Arcidiocesi di Genova
Santuario di N.S. della Guardia, Giovedì 16.5.2019
Giornata di santificazione del Clero
OMELIA
“Mistero di elezione”
 
Cari Confratelli nell’Episcopato, nel Sacerdozio e nel Diaconato
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
 
Con gioia ci ritroviamo nel Santuario della Madonna della Guardia per la Giornata della Santificazione del Clero. Tornano alla mente le parole di Grahanm Green alla fine del suo romanzo, Il potere e la gloria. Descrivendo il dramma del prete protagonista, scrive: “provava una immensa delusione di doversi presentare a Dio, a mani vuote, senza un’opera da offrire. Gli parve, in quel momento, che sarebbe stato così facile essere un santo. Sarebbero bastati un po’ di autodisciplina e un po’ di coraggio. Si sentiva come chi, per pochi secondi, avesse mancato l’appuntamento con la felicità. Adesso sapeva che, alla fine, una sola cosa contasse veramente: essere santi!”.
Cari Confratelli ed Amici, queste parole prendono luce dal Vangelo ascoltato: “Io conosco quelli che ho scelto – dice Gesù ai discepoli – (…) chi accoglie colui che io manderò accoglie me!”. Mistero grande che fa tremare l’anima, mistero di elezione: Dio ha scelto noi ad uno ad uno, ci conosce per nome, ci ha scritti sul palmo della Sua mano, ci ha chiamato amici, ci ha messo a parte dei Suoi segreti, ci ha dato il potere che non ha dato agli angeli, ci ha costituiti pastori delle anime che Lui ha redento con il Suo sangue.
 
Nello spirito di ogni uomo è immerso il sigillo dell’Infinito, un sigillo che genera un’inquietudine divina: tanto più come sacerdoti dobbiamo essere abitati da questa Infinità inquieta e fascinosa che annuncia la presenza di Dio nel mondo. Il nostro ministero – nelle sue quotidiane espressioni – porta l’efficacia del Paraclito, ma se la gente sente vivida in noi anche la nostalgia dell’Eterno, allora l’incontro delle anime con Gesù diventa più facile. Il Signore ci doni la bruciante tensione verso la santità, sapendo che quanto più cresce questo anelito tanto meno la nostra irriducibile incoerenza non diventa occasione di lamento, di commiserazione, di sfiducia. E’ nel nostro “nulla” di fronte alla santità di Dio che troviamo la forza per crescere, l’abbandono allo Spirito, e si fortifica il desiderio della perfezione, il fascino del Cielo, l’invocazione del ritorno glorioso di Cristo.
Comprendiamo allora che Gesù – chiamandoci a stare con Lui – ci ha chiamati ad una intimità radicale, che ci porta a misurare tutto di noi su questa elezione di grazia, sul cuore a cuore con Dio che rischiara anche la notte e il riposo. Tutto di noi, e tutto della nostra esistenza, è segnato dall’essere scelti da Lui nonostante noi, per associarci alla sua missione di salvezza. Oggi Dio è spesso una presenza non guardata; per questo l’uomo moderno è smarrito: conquista il mondo e perde l’anima, ma la nostalgia resta e resterà sempre! E’ questa la ragione per cui il migliore alleato del Vangelo non sono i programmi, le risorse, la cultura, ma l’uomo nella profondità del suo essere e della sua misteriosa inquietudine.
 
La cultura odierna è una cultura di distrazione dall’essenziale, indebolisce i legami personali ed etici, tende ad omologare le differenze, vuole distruggere la tradizione e il senso della storia per trasformare la comunità in un agglomerato uniforme, dove nessuno trova casa ma solo alloggio. E, intanto, in nome della libertà la si distrugge: sappiamo, infatti, che il modo più efficace per sciogliere la libertà non è quella di reprimerla, ma quello di creare un labirinto di scelte tale da paralizzare la capacità di discernere e decidere responsabilmente. C’è bisogno di un’eruzione di lava bruciante per prosciugare l’alluvione inerte dei giorni, e questa lava è la nostra santità di Pastori. La santità nostra è il primo volto della carità pastorale, e la carità prende inevitabilmente la forma della verità. Verità e amore non si possono dividere, solo se uno ama dice quello che è vero, anche se lui non è capace di farlo e deve chiedere perdono.
Il problema principale dell’uomo moderno è sapere se tutto finisce con lui, se la sua vita rotola verso il nulla, oppure se in fondo al tunnel vi è una luce che apre l’eternità. Se così è, allora tutto ha senso, valore e bellezza, anche i momenti di buio, poiché nulla è mai perduto. Dobbiamo risvegliare le grandi domande che sono in ogni cuore; senza tacerle per la paura di non riuscire a comunicare con il mondo di oggi. Il linguaggio ha la sua importanza, ma non deve farci dimenticare la sostanza che è ciò di cui l’uomo ha bisogno.
 
Non preoccupiamoci di essere moderni, ma di essere attuali, e la vostra vita è la vera risposta alle grandi domande che inquietano le coscienze dei singoli e dei popoli. Sembra tutto il contrario, sembra che la gente viva appagata nel raggiunto benessere, o viva protesa per raggiungerlo come se fosse l’unica cosa che conta. Ma sotto le apparenze anche corpose, non è così: solo l’eterno è il senso dell’uomo, solo il cielo è il senso della terra. Ricordiamo: colui che ha il sigillo di Gesù non può ridursi ad essere il critico del reale, ma deve essere il testimone della fede, così come il Vangelo non può essere ridotto ad assistenza o a non violenza, esso è Cristo, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Tutto ne consegue. Per questo le opere buone non sono innanzitutto etiche, ma corredentrici e devono indicare il Regno che viene. Di questo Regno siamo chiamati ad essere araldi, dei piccoli segni, come dei bagliori che annunciano ed indicano il Dio che è venuto, viene e verrà.
La chiamata ricevuta è troppo bella per non viverla nella lode, protesi verso la santità che Dio ci offre. A noi tocca ripetere il gesto di Pietro che – camminando sulle acque – affonda, ma il Maestro gli tende la mano amica e salvatrice.
Card. Angelo Bagnasco
Arcivescovo Metropolita
 
 
 
 
 
 
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